L’economia dell'Africa subsahariana continua crescere da oltre 10 anni. Secondo il Fondo Monetario Internazionale quest'anno il Pil aumenterà del 5,5 %. Si tratta, però, di una crescita che non ha ricadute positive su alcune delle popolazioni più povere del pianeta. Christine Lagarde Direttore Generale del Fondo Monetario, alla vigilia della Conferenza dell'organismo in Mozambico, afferma che le scelte dei Governi africani saranno decisive per determinare il tipo di sviluppo di tutto il Continente, e che le donne potranno giocare un ruolo chiave. Ascoltiamo Christine Lagarde nell’intervista, in esclusiva alla Radio Vaticana, realizzata a Washington da Francesca Baronio:
R. – La situation économique africaine à changé, et elle est passée de cette …
La situazione economica africana è cambiata: è passata
da una stabilizzazione necessaria all’attuale dibattito sulla crescita. Quale crescita?
A beneficio di chi? Intanto, bisogna constatare i progressi raggiunti, ricordare che
il tasso di povertà nell’Africa subsahariana è diminuito del 10% da quando erano stati
fissati gli Obiettivi del Millennio. Intanto, però, la povertà estrema non è diminuita.
La situazione, sul piano macroeconomico, è relativamente stabile per l’insieme di
questi Paesi, considerando la percentuale del debito Pil, considerando il deficit
budgetario, considerando la bilancia commerciale; le prospettive di crescita sono
buone… Ora, è necessario che i Paesi e le autorità africane decidano in quale modo
vogliono organizzare questa crescita: se vogliono perseguire la crescita “inclusiva”,
che è quella che noi raccomandiamo, della quale possa beneficiare la più gran parte
della popolazione, e quali mezzi utilizzare per farlo. Noi sappiamo che, a queste
condizioni, è possibile che la povertà e pure la povertà estrema continuino a regredire
nei Paesi subsahariani.
D. – Alcuni Paesi emergenti, Cina in testa, sono fra i partner più attivi del continente. Il rallentamento dei loro tassi di crescita che effetto può avere sull’Africa?
R. – Il ne faut pas faire un raillement sur la baisse du taux de croissance des
pays émergeants...
Non si può dare un dato unico sul rallentamento del
tasso di crescita dei Paesi emergenti. Se il tasso di crescita della Cina passa dall’8
al 7,5 %, questo non intaccherà gravemente l’insieme dei rapporti economici tra la
Cina e i Paesi dell’Africa subsahariana, né sul piano degli investimenti diretti,
né sul piano dei finanziamenti, né sul piano del commercio. Queste correnti di affari
continueranno a essere estremamente importanti per tutto quello che riguarda al tempo
stesso lo sviluppo interno e domande rivolte ai Paesi subsahariani.
D. – Il Fondo monetario spesso è stato accusato di imporre programmi dall’alto costo umano in termini di disoccupazione e di impoverimento…
R. – C’est un reproche qui a été fait autres fois et qui ressemble vraiment le…
Questo rimprovero gli è stato mosso molte altre volte
e si riferisce al Fmi di una volta: non è questo il Fmi di oggi. Oggi, il Fondo monetario
è quanto meno preoccupato delle conseguenze dei programmi concordati insieme con le
autorità africane coinvolte. Se si mettono a confronto i Paesi che aderiscono a un
programma con il Fondo e i Paesi che non lo fanno, ci si rende conto che i Paesi che
vi aderiscono hanno investito in media il 20% in più del denaro pubblico nell’educazione,
il 40% di denaro pubblico nella sanità rispetto agli altri. Forse questi programmi
sono dolorosi nel momento in cui devono essere applicati, ma se non altro risultano
in un buon utilizzo del denaro pubblico.
D. – Quindi, nessun rimpianto?
R. – Les regrets ne servent a rien. Ce qu’il faut c’est apprendre…
I rimpianti non servono a niente. Quello che è necessario
è imparare, fare tesoro dell’esperienza e quindi fare meglio ad ogni nuovo passo,
tenendo conto delle conseguenze.
D. – Molti Paesi africani dipendono da economie non diversificate, agricoltura e petrolio… Quale strada bisogna intraprendere per una crescita più sostenibile?
R. – Forcer les pays qui ont de très importantes ressources naturelles: il faut…
Spingere i Paesi che hanno importanti risorse naturali
a sfruttarle meglio. Il secondo imperativo è stabilire, in funzione di tutte le risorse
– demografiche, naturali, trasporto, infrastrutture – dove la diversificazione dell’economia
possa essere utile. Non vale la pena di impegnarsi tanto per la diversificazione se
poi non ci sono le infrastrutture, se non c’è l’energia elettrica per produrre… Quindi,
alcuni Paesi hanno incominciato a prendere coscienza di queste pratiche, come l’Uganda,
la Tanzania, che si sono avviate su questa strada della diversificazione.
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