2014-05-27 16:15:00

Papa Francesco in Terra Santa. Il primato della preghiera


"E’ stato un vero pellegrinaggio, con la preghiera in primo piano", commenta ai nostri microfoni Salvatore Mazza, inviato di Avvenire al seguito del Papa. "Le parole, lo sappiamo, spesso rischiano di restare discorsi accademici. Importanti i gesti: i suoi sono stati dirompenti nella loro spontaneità, a dimostrare come la preghiera possa incidere nella storia, una preghiera che non ha colori. Da uomo libero quale è, ci ha davvero insegnato cosa sia la preghiera di pace, che alla fine è la più grande catechesi che c'è". 

P. Antonio Spadaro SJ, direttore di Civiltà Cattolica, aggiunge: "Gesti normali, e proprio per questa loro naturalezza, altamente simbolici. Accostarsi con il capo al muro di separazione tra Betlemme e Israele, il fatto di non aver parlato di quel muro ma di averci appoggiato la testa e la mano, ha significato rompere, scardinare la dinamica vittima-carnefice. Ha significato preghiera per la pace al di là di qualunque divisione perché in fondo tutti sono vittime e tutti sono carnefici". E poi si intravede l'aspetto molto ignaziano dei suoi discorsi, laddove, per esempio, il luogo è importante per la preghiera. L'invito ai presidenti di Israele e Palestina di venire in Vaticano, alla casa del Papa, dice quanto sia importante trovare una casa dove pregare. La casa, peraltro, è il luogo per antonomasia degli affetti. "Ecco, proprio l'affetto è una parola chiave di questo viaggio. A tutti rimarrà impresso l’affetto espresso in quell’abbraccio tra Francesco, il Rabbino Abraham Skorka e l'islamico Omar Abboud, un abbraccio di amicizia vera, non formale. L'amico musulmano ha quasi inserito la testa nella sua spalla". E poi il bacio delle mani di ciascuno dei sopravvisuti alla Shoà. "E’ stato il bacio alle persone che incarnano il Cristo crocifisso", spiega Spadaro. Francesco ha piantato un ulivo al Getsemani, con cui ha voluto rinverdire il messaggio di cinquant'anni fa di Paolo VI. Una dimensione artigianale molto cara a Bergoglio "perché vuol dire fare le cose con le proprie mani. Quando lui parla di dialogo infatti non lo fa mai invocando delle idee. La pace si realizza con le mani, vuole dirci il Papa, non è frutto di un commercio ma di un impegno. La pace si fa lavorando e facendo qualcosa insieme".








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