2014-05-24 14:15:00

Lo Yad Vashem attende il Papa, nuovo clima su Pio XII


Papa Francesco è atteso con trepidazione anche allo Yad Vashem, a Gerusalemme, dove il Pontefice si recherà in visita lunedì mattina. Nel nuovo memoriale, inaugurato nel 2005, è stata modificata la didascalia sul ruolo di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale accogliendo le recenti acquisizioni storiche e archivistiche sull’appoggio dato da Papa Pacelli alle azione umanitarie in favore degli ebrei perseguitati dai nazisti. Su questa importante modifica, il nostro inviato a Gerusalemme, Roberto Piermarini, ha intervistato padre Giovanni Caputa, membro della Commissione per i media della visita papale e studioso dei rapporti ebraico-cristiani e, dal 2002 al 2012, segretario della delegazione della Santa Sede nei negoziati con lo Stato d’Israele:

R. - Due giorni fa a Yad Vashem il chairman, il dottor Avner Shalev, ha tenuto un briefing alla stampa nazionale e internazionale per presentare il programma di questa visita in forma dettagliata. Anzitutto ha esordito dicendo che per lo Yad Vashem sarà un grande onore ricevere Papa Francesco, capo e rappresentante di una comunità di oltre un miliardo e 300 milioni di cattolici. E poi ha aggiunto che sono già ben noti i cordiali rapporti che Jorge Mario Bergoglio in Argentina ha intessuto con gli ebrei e la sua stima per l’ebraismo, come pure la posizione circa la Shoah. Papa Francesco ravviverà la fiamma nella sala della rimembranza e prenderà la parola di fronte alle cariche più alte dello Stato di Israele. Il suo sarà l’unico discorso: anche questo è un segno di grande distinzione. Non ci sarà nessun altro che rivolge un discorso formale.

D. - Padre Caputa, nel Museo dell’Olocausto è stata modificata la didascalia alla foto di Pio XII, che accusava il Papa per i suoi presunti silenzi durante la persecuzione nazista contro gli ebrei. Come giudica il nuovo testo?

R. - Dunque, è stata una modifica che è giunta dopo anni di ricerche e così come si presenta è più lunga di quella precedente ed è meglio articolata. Anzitutto non è più intitolata e limitata semplicemente a Pio XII e l’Olocausto, la Shoah, ma il Vaticano e la Shoah. Inoltre smorza il giudizio contenuto nella precedente versione, tenendo conto delle più recenti acquisizioni storiche e archivistiche, dalle quali emergono la complessità della figura di Papa Pacelli, la complessità del periodo storico e l’appoggio da lui dato a tante azioni umanitarie in favore dei perseguitati ebrei durante gli anni terribili della persecuzione nazista. Qui vorrei aggiungere anche un’altra riflessione che è di cronaca, ma anche di storia: la settimana scorsa o forse dieci giorni fa, alla Knesset c’è stata una commemorazione pubblica di San Giovanni XXIII e gli intervenuti hanno sottolineato il grande ruolo che Angelo Roncalli ha svolto quando si trovava come nunzio in Bulgaria e poi ad Istanbul. Hanno espresso la loro riconoscenza, perché realmente ha favorito la venuta qui in Israele di molti che erano perseguitati. Ma questo, Angelo Giuseppe Roncalli non ha potuto farlo contro le indicazioni di Pio XII: da quanto in qua un ambasciatore agisce contro il presidente dello Stato che lo ha mandato. E’ nella logica stessa di un servizio come quello di un nunzio o di un delegato apostolico realizzare alla lettera - si può dire - le indicazioni che vengono date dal Papa. E conoscendo Pio XII quando direttamente lui dava le indicazioni, si può dire che Angelo Giuseppe Roncalli ha agito dietro indicazione di Pio XII. Quindi io vorrei tirare una conclusione che forse è troppo personale, ma vorrei direi che quella commemorazione in favore di San Giovanni XXIII è già un riconoscimento, almeno implicito, del ruolo che Pio XII ha svolto, invitando, incoraggiando i nunzi non solo in Bulgaria o in Turchia, ma anche in Spagna, in Portogallo. Quindi, ritornando alla didascalia, la didascalia tiene conto che dalle ricerche storiche risultano tante azioni umanitarie svolte e promosse direttamente o indirettamente da Pio XII in favore dei perseguitati. Un altro punto importante è che nella nuova didascalia si accenna al passaggio del Radiomessaggio del dicembre 1942,in cui il Papa parlava della sorte delle centinaia di migliaia di persone delle quali, senza avere una colpa propria, talvolta solo per ragioni di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o in progressivo deperimento. Questo era un esplicito riferimento a quel che stava capitando.

D. - Sappiamo che gli ultimi nunzi - sia mons. Sambi, sia mons. Franco - si sono battuti per questa modifica…

R. - Certamente mons. Sambi e mons. Franco, con il quale ho avuto il piacere di collaborare, sono stati sempre molto attenti a invitare ad una posizione oggettiva. Ricordo molto bene che il primo anno del suo ministero, del suo servizio qui in Israele, mons. Franco si rifiutò di andare alla celebrazione pubblica allo Yad Vashem proprio perché non condivideva la didascalia, la precedente didascalia che era completamente contraria ai dati oggettivi e storici e poi, in parte, anche un po’ offensiva. Quello è stato l’inizio di un dialogo cordiale - come mons. Franco sapeva fare - per avvicinare gli studiosi di entrambe le parti e per chiedere loro che si concentrassero sui documenti d’archivio, al di là degli stereotipi di certo giornalismo sensazionalistico. Quindi gli studiosi qui in Israele e in molte parti del mondo hanno preso questo come un compito e per anni hanno ricercato negli archivi. Si è giunti così al marzo del 2009, quando Yad Vashem congiuntamente con la Facoltà di teologia Salesiana di Gerusalemme, hanno organizzato questa giornata di studio solo per specialisti. Lì è apparso come ci siano ancora delle posizioni diverse, divergenti, però si è creato un clima di fiducia e un’intesa condivisa tra gli storici per lasciare i toni polemici o ideologici e per andare invece ai dati di fatto e ai documenti storici. 








All the contents on this site are copyrighted ©.