2014-05-24 19:23:00

Galantino apre convegno Scienza e Vita su affettività e sessualità


"Quando come Chiesa parliamo di amore e sessualità, sembra che sia semplicemente per negare o per proibire. Siamo chiamati a raccogliere con passione e convinzione la sfida educativa su questo fronte evitando la sindrome dell’imbarazzo”. Così il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, questo pomeriggio aprendo a Roma il convegno dell’associazione "Scienza e Vita" sul tema “Amore e Vita. Questioni di cuore e di ragione”. Tra gli argomenti al centro del dibattito il valore della corporeità, l’ideologia del gender e l’importanza dell’educazione all’affettività per la società contemporanea. Su quest’ultimo aspetto mons. Galantino si sofferma al microfono di Paolo Ondarza:

R. - Teniamo presente che sono tematiche che, lo si voglia o no, sono presenti nella vita di ognuno. Non dico solo nella vita dei giovani perché ognuno di noi è chiamato ad amare dall’inizio alla fine della vita. All’amore ci si educa, allora l’importanza è davvero non perdere mai la voglia di formarsi, di formare e di motivare i propri gesti, le proprie scelte in questa direzione.

D. - Tanti i temi affrontati in questo convegno, dal rispetto del proprio corpo, al tema della teoria del gender che tante sfide pone alla contemporaneità. Cosa si può dire a riguardo?

R. - Le soluzioni, le risposte, perché non siano risposte ideologiche - come purtroppo sembrano essere in questo momento, frutto soltanto di lobby di pensiero – debbono avere come antidoto quello di attrezzarci culturalmente e saper dare ragione - come dice Pietro - delle affermazioni che facciamo e delle scelte che facciamo; e di ragioni nell’ambito dell’affettività e della sessualità, sul piano antropologico, ne abbiamo veramente tante.

D. - Riprendendo concetti che ha trattato: "Stare nel mondo superando la sindrome dell’imbarazzo", ma “no a battaglie da retroguardia”…

R. - Assolutamente, perché le battaglie da retroguardia non servono a niente, non servono a nessuno. Mostrare i muscoli, nemmeno quelli del pensiero - ammesso che ci siano - non serve a nessuno; serve, invece, il dialogo, serve il confronto non frutto di pigrizia mentale, ma il confronto che è frutto di una conoscenza, di una consapevolezza ben motivata. 

Sulle motivazioni che hanno indotto “Scienza e Vita” a scegliere di approfondire quest’anno il legame tra affettività e sessualità, Paolo Ondarza ha intervistato la presidente dell’Associazione, Paola Ricci Sindoni:

R. - Il tema veramente è partito dai giovani della nostra associazione, all’indomani di quella notizia inquietante delle baby squillo romane. È stato da loro richiesto appunto un momento di riflessione, di approfondimento sul binomio sessualità- amore.

D. - Colpisce il tema di questo convegno: “Amore e vita”, che ricorda un po’ anche il nome della vostra associazione “Scienza e Vita”. Viene da chiedersi: cosa ha a che fare la scienza con l’amore?

R. - Ha a che fare perché intanto c’è tutta la grande questione della “procreatica”, delle tecniche di fecondazione in vitro, i temi dei medicinali che sono, ahimè, anche abortivi e non semplicemente capaci di bloccare l’ovulazione. Ci sono tante tematiche che hanno una loro rilevanza anche in ambito pubblico, in cui i giovani hanno pochi strumenti, capacità per capire bene.

D. – L’intenzione è quella di andare al cuore della definizione dell’amore, ne esistono tante e spesso fuorvianti. C’è, potremmo dire, un certo analfabetismo a riguardo…

R. - Assolutamente sì. Spesso si fa riferimento all’esperienza: è vero che l’esperienza fa conoscenza ma è anche vero che se l’esperienza non è guidata, non è orientata, diventa semplicemente un bruciare energie affettive, cognitive, vuote fini a se stesse.

D. - E’ importante dire che l’approccio del vostro convegno non è quello di uno scontro con chi la pensa diversamente…

R. - No, questa è una delle intenzioni proprie di "Scienza e Vita": utilizzare tutti gli strumenti dialogici, in maniera tale che i nostri valori siano argomentati razionalmente. Quindi, massima apertura per il confronto.

A richiedere l’approfondimento sulle tematiche dell’affettività e della sessualità sono stati soprattutto i giovani che da tutta Italia hanno sollecitato "Scienza e Vita" ad interrogarsi sulle sfide poste dalla teoria del gender. Su questo  Paolo Ondarza ha intervistato Massimo Gandolfini, vicepresidente dell’Associazione: 

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R. – Riteniamo che sia un tema attualissimo. I fraintendimenti, le confusioni, che esistono su due tematiche che sono diverse, complementari fra loro - quale l’affettività e la sessualità - ci hanno spinto a dire che forse sarebbe utile fare un po’ di chiarezza, soprattutto nei confronti dei giovani. L’uomo ha bisogno di relazione per vivere e per vedere completata in pienezza la propria vita. Una forma particolare di relazione è la relazione affettiva, affettiva dal punto di vista della passione, dell’intimità, della reciprocità. E questo è il punto di partenza: dalla relazione affettiva si può anche arrivare poi alla relazione di tipo sessuale. Ci sembra di leggere nella nostra società contemporanea un trend esattamente opposto: si parte cioè dall’idea che la prima relazione sia una relazione di natura sessuale, tanto che oggi si parla, si usa dire ‘fare sesso’, e poi eventualmente dal ‘fare sesso’, si prova - se vale la pena e se ci sono le condizioni - di creare un rapporto di tipo affettivo. Ecco, vorremmo dire che il trend che è scritto nel biologico dell’uomo non è questo, ma è quello precedente.

D. - E’ significativo che la tematica sia stata scelta in base ad una richiesta, che è partita dai giovani e non quindi imposta dall’alto, no?

R. – Esatto, noi praticamente abbiamo dato voce alle richieste, che ci sono pervenute da ogni parte d’Italia, da parte di associazioni, di gruppi, di movimenti, ma anche di singoli giovani, che volevano vederci chiaro, perché oggi questo scontro e questo veleno, che sta serpeggiando, dell’ideologia di genere, per cui non esistono più i due generi, maschile e femminile, ma stanno diventando ogni giorno sempre più numerosi - siamo passati a 27 e oggi a 56 - sembra che sia una valanga inarrestabile. E la cosa che ci ha fatto più piacere è che i primi a dire: “Ragazzi, cerchiamo di mettere un po’ di ordine in questa confusione”, sono stati proprio i giovani, non solo perché sono i più interessati direttamente, ma perché sono anche le vittime.

D. – Questo è un dato significativo, se pensiamo a come proprio la teoria del gender, in diversi Paesi d’Europa, in alcuni casi pure in Italia, stia arrivando anche nelle scuole...

R. – Questo probabilmente è il lato più preoccupante. Si sta cercando di far passare l’ideologia di genere come un’impostazione antropologica sulla quale costruire le prossime generazioni. L’introduzione, quindi, dell’ideologia di genere nelle scuole, nell’ambito delle materie di educazione all’affettività, alla sessualità, crea ancora più confusione e, mi permetta di dire, butta nel cassonetto 150 anni di psicologia dello sviluppo, che ci dicevano come deve essere seguito, curato e accudito il bambino. Oggi viene buttata sul mercato un’ideologia aggressiva, che noi riteniamo essere una vera e propria scure posta sulla radice dell’umano e penso che abbiamo il diritto, oso dire abbiamo il dovere, di intervenire per evitare che questo passi, perché questo è in grado di trasformare l’umano. Guardi che non faccio riferimento a delle categorie di ordine religioso o confessionale, faccio riferimento a delle categorie di ordine antropologico. L’umano condiviso vuole che la rappresentazione dell’uomo sia maschio, femmina, che in questa rappresentazione entri una complementarietà che è fatta di affetto, di sesso, ricchissima. E’ questo l’umano; il resto sono categorie antropologiche, ideologiche, che non hanno nulla a che fare con l’umano.

D. – E andare ad incidere in un processo evolutivo in cui l’identità sessuale è in formazione, è un abuso ?

R. – Teniamo presente che questo progetto dovrebbe partire addirittura dalle scuole primarie, cioè dalle scuole elementari, anzi qualcuno ventila che qualcosa si potrebbe già fare nelle scuole materne. Allora, un bambino delle scuole elementari è una tavoletta di cera e come verrà plasmata quella tavoletta, dipende dall’impronta che io metto. Ecco, l’idea che possiamo plasmare i bambini delle scuole elementari inculcando loro il concetto che il loro sesso biologico è ininfluente e che possono scegliere un sesso “culturale” che è il genere, trovo che sia un’offesa alla dignità dell’uomo.

 








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