2014-05-24 15:43:00

Bosnia: dopo le alluvioni, rischio epidemie e mine antiuomo


Un milione di persone in stato di pericolo e di bisogno, senza acqua corrente; 47 morti accertati; decine di migliaia di sfollati, e ora anche il rischio epidemie: sono alcune delle conseguenze delle alluvioni che, nei giorni scorsi, si sono abbattute sui Balcani, le peggiori degli ultimi 120 anni. Francesca Sabatinelli ha intervistato Azra Ibrahimovic Srebrenica, coordinatrice per il Cesvi della “Casa del Sorriso” di Srebrenica, danneggiata dalle piogge e per la quale l’Ong ha appena attivato una campagna di raccolta fondi:

R. – Con il sole e il bel tempo le acque si stanno ritirando, ma purtroppo è stata colpita una vasta zona, fra l’altro in pianura, ed è quindi molto difficile che ciò avvenga dappertutto. Ci sono migliaia di animali morti e ora, fra il ritiro delle acque, il sole e l’alta temperatura, c’è un forte rischio di epidemie. Non dimentichiamo inoltre che le acque hanno mosso molti serpenti ed ora la gente, quando va nelle case o nei giardini a pulire, si ritrova, oltre al problema dell’epidemia anche quello dei serpenti. Non si finisce mai, purtroppo. C’è una lunga serie di problemi, come quello degli sfollati, tutte le persone che non riescono a tornare nelle proprie case distrutte dalle valanghe e dalle frane. Non si capisce quindi ancora da dove ripartire.

D. – Da parte della comunità internazionale avete ricevuto aiuti. Di cosa c’è bisogno ancora?

R. – In questo momento c’è bisogno del materiale di prima emergenza, a partire dal cibo, dai kit igienici, dai kit di riparazione, dalle pompe che aspirano acqua, e in più servirà anche la forza umana, per aiutare a ripulire tutto. Un altro problema sarà poi quello che dicevo prima degli sfollati, di chi in questo momento è provvisoriamente sistemato nelle scuole e nelle caserme. Parlo di tutti coloro che hanno perso le case, che sono state completamente distrutte, e che a causa delle frane hanno perso anche i terreni, queste aree non sono più vivibili. C’è bisogno sicuramente anche di materiale sanitario, visto che si prospetta il pericolo di epidemie. Sono arrivati gli aiuti internazionali, il giorno dell’evacuazione l’Unione Europea ha mandato gli elicotteri e le squadre dei soccorritori con i gommoni. Adesso si sta mobilizzando tutta la diaspora: i bosniaci che vivono all’estero stanno raccogliendo gli aiuti da mandare in Bosnia. Si sono attivati Paesi come l’Austria, la Germania e così via. Anche gli amici della Bosnia in Italia si stanno mobilitando per mandare aiuti. E poi la gente in Bosnia si è mobilitata immediatamente quando è stato detto che serviva aiuto e serviva di tutto. C’è stata un’enorme solidarietà all’interno del popolo bosniaco. Questo è uno degli aspetti positivi della situazione.

D. – Una forte solidarietà, indipendentemente dall’etnia e dalla religione...

R. – Assolutamente. Quello che non è riuscita a fare e, anzi, che non ha voluto fare la politica di questo Paese, della Bosnia ed Erzegovina, sono riusciti a farlo i suoi cittadini, che si aiutavano indipendentemente dall’etnia. La catastrofe quindi non ha un nome, non ha una nazionalità, non ha un gruppo etnico. La gente non si è mai posta la domanda di chi andava ad aiutare. Andava ad aiutare le persone in pericolo.

D. – Un altro gravissimo problema è quello delle mine antiuomo. Sappiamo che dalla guerra di Bosnia sono decine di migliaia le mine antiuomo sepolte in tutto il territorio. Gli smottamenti le stanno portando alla luce, le stanno smuovendo...

R. – Come dicevo prima, un problema supera l’altro. Le zone minate erano vicine ai fiumi che si sono gonfiati in proporzioni incredibili, le acque hanno portato via le mine dalle zone minate che erano più o meno segnalate, ma adesso le acque hanno distrutto tutto e hanno smosso le mine. Esiste, dunque, anche questa emergenza. Si sono già verificati casi in cui la gente, rientrando a casa, nel giardino ha trovato alcuni ordigni inesplosi. Un altro problema, quindi, che si sta cercando di capire come risolvere. Si rivolgono appelli alla popolazione affinché non si tocchino gli oggetti trovati nelle case o nei pressi delle abitazioni, e invitandola a chiamare polizia o protezione civile in caso di sospetto.








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