2014-05-23 15:42:00

Mons. Shomali: anche gli ortodossi vogliono vedere Francesco


“Strettamente religioso”. Con queste parole Papa Francesco ha spiegato e definito gli scopi del suo viaggio in Terra Santa. Una visita compiuta in modo speciale per incontrare il fratello Bartolomeo I, Patriarca ortodosso ecumenico, a 50 anni di distanza dall’abbraccio tra Paolo VI ed Atenagora, e per pregare in favore della pace in questa terra martoriata. Il servizio di Roberto Piermarini:

Momento centrale del pellegrinaggio del Papa nella terra di Gesù, l’abbraccio con Bartolomeo I e soprattutto la celebrazione ecumenica nella Chiesa del Santo Sepolcro con tutte le Chiese di Terra Santa. Un gesto storico che infrange secoli di incomprensioni e di contrasti e che vedrà pregare insieme i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane. Un frutto certamente dello storico incontro di 50 anni fa, quando Paolo VI e Atenagora diedero corpo, parole e immagini al desiderio di unità dei discepoli di Cristo. Per questo il motto di questo viaggio papale è “Ut unum sint” (“che siano una cosa sola”).

E per essere “una cosa sola” con questa terra martoriata, Papa Francesco si dovrà immergere in un clima di pace apparente dopo il congelamento dei negoziati israelo-palestinesi, dove la parola concordia è soffocata dalla diffidenza, sullo sfondo del sanguinoso conflitto siriano che sta causando morte, distruzione e migliaia di profughi in tutta la regione mediorientale.

A Betlemme, lo attende una comunità cristiana viva, che vede nella sua presenza, un segno di speranza. Lo attendono le autorità palestinesi, che dopo una serie di riconoscimenti a livello internazionale stanno cercando l’unità nazionale tra Cisgiordania e Gaza. Lo attendono i profughi del Campo di Dheisheh che dal 1948 vivono in condizioni di estrema povertà e di rassegnazione.

In Israele lo attende il presidente Peres, che ha voluto fortemente questa visita prima della fine del suo mandato, e un Paese che guarda con curiosità alla figura di Papa Francesco tanto che un suo libro scritto in Argentina con il rabbino Abraham Skorka – “Il cielo e la terra” – è stato tradotto in ebraico. Rabbino Skorka che assieme all’imam Omar Abboud – entrambi amici di vecchia data del cardinale Bergoglio a Buenos Aires – sarà al seguito di Papa Francesco,  novità assoluta nella storia dei viaggi papali.

Un segno che il dialogo interreligioso è più forte dei pregiudizi e conferma il carattere “strettamente religioso” del viaggio, in questa Terra, Santa alle tre grandi religioni monoteiste, che nella sua bellezza e nelle sue contraddizioni, affascina e addolora.

Da Gerusalemme. Roberto Piermarini, Radio Vaticana.

Testimone dell'incontro del 1964 tra Papa Montini e il Patriarca ortodosso Atenagora fu il vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. William Hanna Shomali,  che lo rievoca al microfono del nostro inviato Roberto Piermarini:

R. – Ricordo bene il giorno dell’Epifania del 1964. Eravamo seminaristi, abbiamo aspettato per un’ora la visita del Pontefice. Io volevo vedere che cosa vuol dire “Papa”. Tutti ci dicevano che era una visita importantissima, mai avuta: dopo San Pietro nessuno era mai tornato in Palestina, qui… Pregavo che il Papa venisse presto, perché faceva freddo, zero gradi… Quando è venuto, era come un angelo. E’ passato veloce, benedicendo tutti. Io ho sentito dentro di me tanta gioia. Dopo ho riletto i suoi discorsi: è stato un uomo di una profondità estrema! La sua omelia a Nazareth sul lavoro, sulla santificazione del lavoro, è diventato un best-seller. Le foto del Papa nelle stradine di Gerusalemme, spinto dalla popolazione, contrastano con la popolazione di oggi, quando viene Francesco in una città vuota: solo chi ha un permesso può venire al Santo Sepolcro, al Getsemani, ma le strade sono vuote. Paolo VI era spinto da tutti, come Gesù nel Vangelo: tutti volevano toccarlo, vederlo, parlare con lui…

D. – I cristiani di Terra Santa con che spirito si apprestano ad accogliere il Papa?

R. – I cristiani sono entusiasti. Do un esempio: non abbiamo più biglietti per l’ingresso alla piazza della Natività e la piazza avrà 9-10 mila presenze. Mai abbiamo avuto un numero così alto di presenze nella piccola piazza di Betlemme. Questo indica che c’è una attesa, non solo da parte dei cattolici, ma anche da parte degli ortodossi. La prova è che a Gaza abbiamo una piccola comunità di 200 cattolici, mentre i cristiani di Gaza hanno ottenuto 700 permessi per venire ad accogliere il Papa a Betlemme.

D. – C’è un po’ di sofferenza, però, da parte dei cristiani di Gerusalemme per il fatto, appunto, che non potranno vedere il Papa per le vie della città, per motivi di sicurezza…

R. – Questo è vero. La sicurezza qui è estrema, direi un po’ esagerata. Ma capisco anche la sicurezza israeliana, perché il Papa ha scelto di venire con una macchina aperta, non protetta. È sempre un pericolo e loro non vogliono far piacere a 10 mila cristiani e poi correre un rischio, in particolare quando il rischio potrebbe venire dagli ultraortodossi che hanno minacciato di morte il Papa.

D. – Vi preoccupano questi atti di vandalismo?

R. – Quelli che compiono questi atti di vandalismo sono pochi: sono una minoranza, ma una minoranza aggressiva che fa tanto male. Noi speriamo che un giorno cesseranno di compiere questi atti di vandalismo.

D. – Le altre Chiese cristiane di Gerusalemme come stanno vivendo la vigilia dell’incontro al Santo Sepolcro tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo I?

R. – C’è tanto entusiasmo da ambedue le parti. Speriamo che sia una grande spinta per l’ecumenismo. Molti ortodossi ci hanno chiesto i biglietti per entrare al Santo Sepolcro. Anche i protestanti ne hanno chiesti, perché considerano l’incontro per tutti i cristiani. Avremo anche questa volta patriarchi orientali che vengono dal Libano – maroniti – copti dall’Egitto, iracheni, caldei eccetera. Al Santo Sepolcro non abbiamo mai avuto un numero di vescovi e patriarchi così alto. Poi, è un fatto inedito che il Papa e il Patriarca entreranno insieme al Santo Sepolcro, per pregare insieme: come dire che i due fratelli, Simone e Pietro, saranno insieme attraverso i loro successori. E non abbiamo mai discusso su chi entrerà per primo nel Santo Sepolcro, ma speriamo che facciano come Giovanni e Pietro, quando si sono recati al Sepolcro: Giovanni ha preceduto ma ha lasciato entrare Pietro. E sappiamo anche che chi entrerà per primo, uscirà per ultimo, perché la porta del Sepolcro è piccolina.

D. – Vi fa soffrire la lenta ma inesorabile migrazione all’estero dei cristiani di Terra Santa?

R. – Sì. Questa è una perdita per noi. Ma posso anche dire che negli ultimi mesi l’emigrazione è diminuita, la situazione è un po’ migliorata. Ma il fatto che i negoziati tra le due parti, sotto tutela americana, siano falliti ci dà un po’ di frustrazione, un po’ di angoscia. Siamo, per il momento, in un vuoto politico. Veramente, preghiamo perché questo processo ricominci e non muoia per sempre.








All the contents on this site are copyrighted ©.