2014-05-22 14:22:00

Cei affida ancora al Papa nomina presidente. Intervista a mons. Seccia


Sarà ancora il Papa a nominare il presidente della Conferenza episcopale italiana. La decisione è stata votata dall’Assemblea della Cei, riunita da lunedì in Vaticano, impegnata nella riforma del proprio Statuto. Il servizio di Roberta Gisotti

In molti attendevano una svolta nella Chiesa italiana, l’unica al mondo che affida al Papa, vescovo di Roma e Primate d’Italia la nomina del proprio presidente. “Un legame unico – difeso dal cardinale Bagnasco, presidente della Cei - che deve essere – ha ribadito - valorizzato ed espresso”. Per questo – ha spiegato –  “abbiamo escluso la votazione diretta” ma “saranno presentati al Santo Padre i tre confratelli maggiormente votati, a lui resta poi la libertà di scelta”. Una soluzione mediata, tenuto conto dell’appello rivolto dal cardinale Marc Oullet, prefetto della Congregazione dei vescovi, “di non abbassare il livello spirituale” dell’Assemblea “a un gioco di fazioni, di polarizzazioni e di politica”. “Per arrivare a una decisioni comune – aveva detto – ognuno deve essere disposto all’accoglienza e alla condivisione anche a prezzo di qualche concessione o rinuncia affinché regni l’unità”. Lo stesso Papa Francesco aprendo i lavori dell’Assemblea aveva raccomandato ai vescovi di ricercare la comunione e di rifuggire da “tentazioni”, “chiacchiere”, “mezze verità”, “bugie” “lamentele”. Ma come è stato raccolto questo monito? Mons. Michele Seccia, vescovo di Teramo:

R. – Io l’ho accolto molto positivamente, perché è ciò di cui abbiamo bisogno: guardare la realtà, guardare il contesto sociale, politico, ecclesiale nel quale ci troviamo ed operare il discernimento. Quale iniziativa può promuovere di più il bene comune? Perché se continuiamo a guardarci o a confrontarci in un modo semplicemente polemico o a vedere le cose che non vanno, non andiamo da nessuna parte. E’ il momento in cui dobbiamo costruire tutti insieme. E’ quello che io dico ai miei preti, ai catechisti, perché è gente di buona volontà, e di battezzati, che si impegnano giorno per giorno, ce ne sono tanti.

D. – Il Papa ha parlato anche di sacerdoti spesso provati e scoraggiati...

R. – Esatto. E difatti il mio impegno è proprio quello di tenere insieme i sacerdoti con uno spirito di comunione; comunione non simbolica, quella reale, in fondo, che noi sperimentiamo dal vivo nell’Eucaristia. Se questo non si traduce in un’esperienza di vita nella relazione a tu per tu, sia tra noi sacerdoti che con il popolo di Dio, la comunione rimane una parola vuota.

D. – Avvertite una responsabilità particolare, in questo periodo storico dell’Italia così travagliato?

R. – Sì, riguardo l’Italia la situazione è, potrei dire, veramente drammatica, ma siamo, proprio per questo, ancora più coinvolti. La Chiesa, infatti, e quindi le comunità ecclesiali, possono dare, devono dare quel contributo sociale di cui l’Italia oggi ha bisogno. Se come Chiesa ci lasciamo andare unicamente alla denuncia, che a volte è pure necessaria, non andiamo da nessuna parte; occorre essere, invece, collaboratori della costruzione del bene, perché l’esigenza del bene è notevole oggi. Non poche volte mi capita di dire, che noi dobbiamo rendere conto al Padre Eterno del tempo nel quale stiamo vivendo, non del passato e non del futuro. Oggi riceviamo degli input e a questi input dobbiamo rispondere e dobbiamo rispondere con la nostra stessa testimonianza e il nostro servizio.








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