2014-05-17 07:29:00

Sudan, il mondo si mobilita per la mamma cristiana condannata a morte


Nuove speranze per Meriam Yehya Ibrahim, la donna cristiana 27enne, incinta di otto mesi e mamma di un altro bambino di 20 mesi, condannata a morte in Nord Sudan con l’accusa di apostasia: il processo è solo all'inizio e la pena capitale potrebbe essere evitata. Lo annunciano alcune Ong impegnate nella lotta per i diritti umani. Sdegno in tutto il mondo per la vicenda: cresce la mobilitazione in favore della donna. Il presidente del parlamento sudanese, da parte sua, ha affermato che la sentenza di morte emessa da un tribunale di Khartoum costituisce "una condanna di primo grado nell'ambito di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie, fino alla Corte Costituzionale". Nello stesso tempo, però, continua ad affermare che la donna è cresciuta ed è stata educata da due genitori di fede islamica.

I media sudanesi hanno scritto invece nei giorni scorsi che la donna, sposata con un cristiano del Sud Sudan, è stata educata alla fede cristiana della madre, cristiano-ortodossa, mentre il padre, un musulmano, aveva abbandonato la famiglia fin dalla primissima infanzia di Meriam. Durante il processo di primo grado i giudici hanno chiesto alla donna se insistesse ad essere cristiana e lei ha risposto dicendo di esserlo sempre stata. Ma non le hanno creduto. Il commento di padre Giulio Albanese.

Una bella notizia, è il caso di dirlo. Meriam Yehya Ibrahim - la cristiana condannata a morte per impiccagione nel Nord Sudan con l’accusa di apostasia - avrà un nuovo processo e la nuova sentenza non prevederà la pena di morte. Lo ha annunciato ieri l’ong Sudan change now secondo quanto riferito dall’organizzazione Italians for Darfur. A difesa della donna nei giorni scorsi erano scese in campo numerose ambasciate dei Paesi occidentali e organizzazioni in difesa dei diritti civili che ne avevano chiesto l’immediato rilascio. 

Rimane il fatto che la Sharìa, la legge islamica, nel Nord Sudan rappresenta un problema per le minoranze religiose le quali sperimentano un’evidentissima esclusione sociale. E la sua interpretazione è lasciata ai giudici che spesso infliggono pene corporali, in flagrante violazione dei diritti umani. C’è da augurarsi che Meriam venga prosciolta, non foss’altro perché formalmente Khartoum dice di riconoscere la libertà di religione, anche se nei fatti spesso si è contraddetto.  








All the contents on this site are copyrighted ©.