Commercio armi e migrazioni forzate mettono a rischio la pace: così il Papa ad un
gruppo di ambasciatori
Il Papa ha ricevuto stamani in Vaticano gli ambasciatori di Svizzera, Liberia, Etiopia,
Sudan, Giamaica, Sud Africa e India in occasione della presentazione delle Lettere
Credenziali. “Vi sono riconoscente – ha detto - per la disponibilità con cui intraprendete
tale missione e vi prego di far giungere l’espressione della mia gratitudine e del
mio rispetto ai Capi di Stato dei vostri Paesi. Ad essi e a ciascuno di voi assicuro
un ricordo nella preghiera, e per le Nazioni a cui appartenete invoco da Dio onnipotente
abbondanza di prosperità e di pace. La pace. Questa parola riassume tutti i beni a
cui aspirano ogni persona e tutte le società umane. Anche l’impegno con cui cerchiamo
di promuovere le relazioni diplomatiche non ha, in ultima analisi, altro scopo che
questo: far crescere nella famiglia umana la pace nello sviluppo e nella giustizia.
Si tratta di una meta mai pienamente raggiunta, che chiede di essere ricercata nuovamente
da parte di ogni generazione, affrontando le sfide che ogni epoca pone”.
“Guardando
alle sfide che in questo nostro tempo è urgente affrontare per costruire un mondo
più pacifico – ha proseguito - vorrei sottolinearne due: il commercio delle armi e
le migrazioni forzate. Tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo
il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario. Il commercio
delle armi ha l’effetto di complicare e allontanare la soluzione dei conflitti, tanto
più perché esso si sviluppa e si attua in larga parte al di fuori della legalità.
Ritengo pertanto che, mentre siamo riuniti in questa Sede Apostolica, che per sua
natura è investita di uno speciale servizio alla causa della pace, possiamo unire
le nostre voci nell’auspicare che la comunità internazionale dia luogo ad una nuova
stagione di impegno concertato e coraggioso contro la crescita degli armamenti e per
la loro riduzione”.
Poi ha aggiunto: “Un’altra sfida alla pace che è sotto
i nostri occhi, e che purtroppo assume in certe regioni e in certi momenti il carattere
di vera e propria tragedia umana, è quello delle migrazioni forzate. Si tratta di
un fenomeno molto complesso, e occorre riconoscere che sono in atto sforzi notevoli
da parte delle Organizzazioni internazionali, degli Stati, delle forze sociali, come
pure delle comunità religiose e del volontariato, per cercare di rispondere in modo
civile e organizzato agli aspetti più critici, alle emergenze, alle situazioni di
maggiore bisogno. Ma, anche qui, ci rendiamo conto che non ci si può limitare a rincorrere
le emergenze. Ormai il fenomeno si è manifestato in tutta la sua ampiezza e nel suo
carattere, per così dire, epocale. E’ giunto il momento di affrontarlo con uno sguardo
politico serio e responsabile, che coinvolga tutti i livelli: globale, continentale,
di macro-regioni, di rapporti tra Nazioni, fino al livello nazionale e locale”.
“Noi
– ha detto il Papa - possiamo osservare in questo campo esperienze tra loro opposte.
Da una parte, storie stupende di umanità, di incontro, di accoglienza; persone e famiglie
che sono riuscite ad uscire da realtà disumane e hanno ritrovato la dignità, la libertà,
la sicurezza. Dall’altra parte, purtroppo, ci sono storie che ci fanno piangere e
vergognare: esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti anch’essi
dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono
ricatti, torture, soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto
o in fondo al mare”.
“Il fenomeno delle migrazioni forzate – ha osservato -
è strettamente legato ai conflitti e alle guerre, e dunque anche al problema della
proliferazione delle armi, di cui parlavo prima. Sono ferite di un mondo che è il
nostro mondo, nel quale Dio ci ha posto a vivere oggi e ci chiama ad essere responsabili
dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perché nessun essere umano sia violato
nella sua dignità. Sarebbe un’assurda contraddizione parlare di pace, negoziare la
pace e, al tempo stesso, promuovere o permettere il commercio di armi. Potremmo anche
pensare che sarebbe un atteggiamento in un certo senso cinico proclamare i diritti
umani e, contemporaneamente, ignorare o non farsi carico di uomini e donne che, costretti
a lasciare la loro terra, muoiono nel tentativo o non sono accolti dalla solidarietà
internazionale”.
Il Papa ha così concluso il suo discorso: Signori Ambasciatori,
la Santa Sede dichiara oggi a voi e ai Governi dei vostri rispettivi Paesi la sua
ferma volontà di continuare a collaborare affinché si compiano passi in avanti su
questi fronti e in tutte le strade che conducono alla giustizia e alla pace, sulla
base dei diritti umani universalmente riconosciuti. Nel momento in cui inaugurate
la vostra missione, vi rivolgo i miei auguri più sentiti, assicurando la collaborazione
della Curia Romana per l’adempimento della vostra funzione. E mentre vi esprimo nuovamente
la mia riconoscenza, invoco volentieri su di voi, sui collaboratori e sulle vostre
famiglie l’abbondanza delle Benedizioni divine. Grazie”.