Nigeria: governo disposto a trattare con Boko Haram. Card Onaieyekan:"un buon segno"
Studentesse rapite in Nigeria da Boko Haram:è trascorso già un mese e per loro non
si ferma la mobilitazione internazionale.”Prego soltanto che i valori religiosi invocati
dagli estremisti impediscano loro di fare del male a delle innocenti". Così l’arcivescovo
di Jos e presidente della Conferenza Episcopale nigeriana monsignor Ignatius Kaigama.
Intanto il governo di Abuja si è detto pronto a trattare con il gruppo terrorista
che propone uno scambio di prigionieri con le ragazze. Hélène Destombes ha
raccolto il commento del card. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja:
R. – Ho sempre
detto che è meglio parlare che combattere. Se il governo nigeriano è disposto a cercare
un negoziato per la liberazione delle ragazze, per me è un buon segno. Anche perché
non si vede un’alternativa, un’alternativa possibile. Le povere ragazze nelle mani
di terroristi armati, non si possono liberare con le armi, a meno che uno non voglia
uccidere tutti. Quindi, prima o poi dobbiamo parlare! Posso dire anche che se questo
significa che anche lo stesso Boko Haram è pronto a dialogare, sarà anche un buon
segno che abbiamo già incominciato adesso a risolvere questo nostro problema. Ci sono
diversi modi di dialogare. Non è necessario che il capo di Boko Haram venga ad Abuja,
per sedersi a tavolino con il nostro presidente: non è necessario. Ci sono tante persone
disposte a fare da intermediario, ci sono tanti modi di parlare … L’importante è che
si comunichi, che si comunichi e si arrivi al punto in cui Boko Haram convenga che
non è bene trattenere in cattività le figlie di tante persone che stanno soffrendo
molto …
Gli Stati Uniti e gran parte del fronte occidentale di fronte alla
possibilità di trattative tra il governo e gli estremisti isalmici, si sono espressi
nettamente contro. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Luigi Serra,
già preside della facoltà di studi arabo-islamici dell’Università Orientale di Napoli:
R. – L’Occidente
intero fa bene a dire che non si può trattare con i terroristi. Bisogna però chiedersi
come mai si ricorda di imporre queste regole di comportamento solo ora laddove lo
scontro con il terrorismo islamico, da parte dell’Occidente intero, Stati Uniti in
testa, è vecchio ormai di anni.
D. – Quali le motivazioni dietro la decisione
della Nigeria di dialogare con Boko Haram?
R. – Dietro c’è probabilmente una
presa d’atto di debolezza del governo nigeriano contro le bande, non solo di Boko
Haram, ma di altri terroristi che circolano ormai nel Maghreb, nell’Africa subsahariana,
spingendosi anche oltre l’Equatore.
D. – Dialogare con Boko Haram, cambiando
scenario, riporta allo stesso dibattito che si fece in Afghanistan, quando si parlò
di dialogo con i talebani. Si possono paragonare queste due situazioni?
R.
– Sì, sotto il profilo di quella che è l’entità e la gravità delle situazioni. La
violenza oltre ogni limite, l’assenza di rispetto per la dignità umana, il mercificare
la carne degli individui per finalità politiche o fantapolitiche, ammantate anche
di motivazioni di ordine religioso, costituiscono il legame fra i due parametri. Ma
tutto questo non giustifica le remore sulle trattative, sia in Afghanistan, sia in
Africa. Il difetto di prevedere da parte dell’Occidente questi rigurgiti o nuovi fatti
terroristici in ogni parte del mondo ormai va di pari passo con il periodico alzare
gli scudi contro il fenomeno, quasi per salvarsi la faccia e lavarsi le coscienze.