Profughi siriani in Libano. Caritas: diamo testimonianza di dialogo
Partita la campagna elettorale per le presidenziali del 3 giugno, organizzate dal
presidente Bashar al-Assad, la Siria rischia di dover far fronte ad una nuova emergenza
umanitaria. Da otto giorni Aleppo, nel nord del Paese, è senza acqua corrente a causa
di un blocco imposto da miliziani qaedisti operativi nella zona. Soltanto oggi,
il servizio idrico è tornato a funzionare a tratti e in alcuni quartieri. In questo
quadro, si aggrava anche l’emergenza sfollati e profughi: dopo tre anni di guerra,
con un bilancio di oltre 150 mila vittime, l’Onu ha fatto sapere che sono ormai 6
milioni e mezzo gli sfollati all’interno della Siria e più di 2,6 milioni i siriani
rifugiatisi negli Stati limitrofi. All’inizio di aprile, se ne contavano oltre un
milione in Libano. Per questo Paese, nei giorni scorsi il Fondo monetario internazionale
(Fmi) ha lanciato un appello ad aumentare gli aiuti destinati alla crisi. Sulla situazione
dei profughi siriani in Libano, ascoltiamo padrePaul Karam, nuovo presidente
di Caritas Libano e direttore delle Pontificie opere missionarie libanesi, intervistato
da Giada Aquilino:
R. - La situazione
è molto critica, perché il numero di profughi ha già superato il milione e sono sparsi
in tutto il territorio libanese. Non come in Giordania, dove sono ospitati in campi,
o come in Turchia. Tutto ciò porta delle conseguenze. Anzitutto, a livello di demografia
in questo Libano basato su diverse confessioni che vivono in libertà e in ottimo dialogo.
Minaccia anche l’aspetto della sicurezza, perché sono aumentati gli atti di delinquenza,
ma minaccia anche l’aspetto economico, perché su un territorio piccolo com’è, appunto,
quello del Libano più di un terzo, forse arriviamo anche ad un quarto, della popolazione
è composto da stranieri, da profughi. E dunque acqua, elettricità, cibo… tutto manca.
Senza poi parlare dell’aspetto sanitario, anche perché si sono verificate ultimamente
delle malattie che nella nostra quotidianità avevamo ormai dimenticato. Sono malattie
legate al non mangiare bene e alla mancanza di igiene.
D. - Qual è allora l’assistenza
della Caritas Libano e come opera?
R. - E’ una situazione critica, perché non
abbiamo tutto il materiale necessario per operare bene. Ci mancano alcune cose: a
livello sanitario, ci mancano alcune medicine e non abbiamo sufficienti medici per
far fronte a tutti coloro che vengono nei nostri centri sanitari. Abbiamo bisogno
poi di kit alimentari e kit igienici. Questo nostro impegno cerchiamo di portarlo
avanti soprattutto grazie all’aiuto dei nostri benefattori, così come con l’aiuto
di alcune associazioni.
D. - Tra l’altro, il Libano accoglie anche altri profughi,
ad esempio palestinesi…
R. - Sì. Abbiamo circa 500 mila palestinesi, che sono
nel nostro territorio da più di 60 anni e questo per il processo di pace (israelo-palestinese,
ndr) che non finisce mai, oppure che non vuole finire e dirigersi verso un cammino
di pace, in cui ciascuno possa rispettare l’altro e accettare l’altro. La pace non
si costruisce mai sull’odio: la pace si costruisce su un dialogo, quando si accetta
l’altro e si rispetta soprattutto la libertà religiosa dell’altro.
D. - Si
rispecchia questa esigenza di pace anche tra i profughi siriani che assistite?
R.
- Stiamo per lanciare un campo estivo - ci saranno giovani libanesi e giovani siriani
- per promuovere un dialogo di pace e per dare una vera testimonianza di come noi,
come popoli che stanno vicini uno all’altro, Siria e Libano, possiamo promuovere al
posto di questa guerra e al posto di questo conflitto una speranza nuova verso la
libertà.
D. - Il Papa nella tappa in Giordania del suo prossimo pellegrinaggio
in Terra Santa incontrerà una rappresentanza dei siriani, che sono fuggiti dalla loro
patria per cercare un futuro migliore. Che incoraggiamento ne verrà?
R. - La
figura di Papa Francesco è quella di un Papa che si impegna molto contro la povertà,
contro la discriminazione, che favorisce il dialogo. Già guardare il suo comportamento
e la sua testimonianza ci dà molta speranza. E la Chiesa del Libano ha una grande
sfida: dire al mondo intero che il Medio Oriente e il Libano stesso hanno da dare
anche un messaggio di amore, di speranza, di servizio e di testimonianza verso gli
altri.