2014-05-12 15:56:45

Libia, naufragio di 400 migranti. Mons Mogavero:"L'Italia promuova un piano umanitario compiuto"


Cresce di ora in ora il bilancio delle vittime del secondo naufragio di migranti in meno di 24 ore, nel Mediterraneo, tra le coste italiane e quelle africane. Al momento secondo la Marina militare, sono 14 i cadaveri recuperati nella zona al largo della Libia in cui e' affondato un barcone che secondo alcuni testimoni, avrebbe trasportato circa 400 persone. Ne sono stati salvati 240. Il governo italiano si appella all’Ue e le associazioni umanitarie chiedono ad una voce corridoi umanitari. Il servizio di Gabriella Ceraso:RealAudioMP3

“Ci sono stati molti morti vicino alla Libia, le nostre navi sono lì a recuperare i cadaveri e a soccorrere i vivi: l'Europa non ci sta aiutando. Si faccia carico di accogliere i vivi". La voce del ministro dell'Interno Alfano dopo l'ennesima tragedia nel Mediterraneo segue quella del titolare degli esteri e della giustizia: il governo italiano lamenta episodi non più sostenibili, denuncia una cooperazione europea e internazionale deficitaria. Serve un segnale forte dice il guardasigilli Orlando presentando una risoluzione sul traffico di migranti in sede Onu. Ma finora dall’Unione solo un richiamo: la Commissaria agli affari interni Malmstrom che si dice scioccata , chiede a "tutti gli Stati membri di dimostrare solidarieta'",di "dare seguito all'Action Plan identificato dalla Commissione e in particolare nella ricollocazione dei rifugiati, e nell'apertura di nuovi canali legali di ingresso e poi rimanda il tutto al prossimo consiglio degli affari interni. Forte e unanime la voce che arriva dall’associazionismo, Centro Astalli, il Comitato 3 ottobre e poi Croce Rossa e Unhcr, Terre des hommes : questi morti, dicono, pesano sulle coscienze di tutti, occorrono corridoi umanitari subito e collaborazione a più livelli. Qualcosa in più aggiunge mons. Domenico Mogavero vescovo di Mazara del Vallo e delegato della Conferenza episcopale siciliana per le migrazioni:

R. - Credo che stiamo cominciando a diventare insensibili, perché l’unica ragione che ci fa reagire è la quantità, i numeri: se muoino in 40 non ci facciamo più caso, se sono 200 cominciamo a riflettere. Questo è gravissimo, perché significa che abbiamo perso quel senso dell’umano, che ci fa solidali con chi soffre, uno o mille che siano.

D. - Il governo, in queste ore, sta denunciando ancora una volta l’abbandono da parte dell’Europa. E’ questo il punto?

R. - Io credo che una delle preoccupazioni che stanno davanti ai governi in questo momento sia una questione di carattere economico o di ordine pubblico o di sistemazione dell’emergenza. Credo che siamo incapaci di delineare prospettive che camminino contestualmente alla gestione dell’emergenza: gli sbarchi che continuano ci dicono che i respingimenti non sono sufficienti a fermare l’ondata di migrazioni; che Mare Nostrum può evitare delle tragedie, ma non impedisce la prosecuzione del fenomeno; che tutte le strategie che abbiamo fin qui escogitato, fino alle ingiurie o agli insulti, non sono strumenti adeguati. Allora bisogna ripensare il discorso in altri termini. Abbiamo messo queste persone nelle mani dei trafficanti di uomini e c’è un delitto contro l’umanità, perché queste persone pagano 2-3-5 mila euro per un passaggio in un barcone nelle condizioni miserabili in cui vanno e con il rischio della vita: e tutto questo ci lascia così, quasi freddi ed indifferenti..... L’Italia non può fare, davanti all’Europa, la figura di chi domanda soldi per risolvere un problema: l’Italia deve farsi promotrice di una lettura e di una proposta di prospettiva nelle quale tutta l’Europa possa essere impegnata.Dato che finora abbiamo chiesto soldi, è chiaro che appena apriamo bocca l’Europa dice “Vabbè, se ho i soldi, ti do i soldi, purché taci”. Se invece noi pensiamo altro, con accordi dei Paesi del sud del Mediterraneo, una scelta progettuale di tipo politico, allora probabilmente sul fenomeno qualcosa potremmo fare. Finché siamo nelle mani di delinquenti che profittano della necessità e del bisogno di chi deve fuggire dal proprio Paese, non abbiamo altre chance.

D. - Quindi lei dice: si faccia il governo italiano portavoce di una proposta onnicomprensiva?

R. - Certo, perché comunque al centro di questa situazione ci siamo noi. Sulle coste del Mediterraneo - che non è il confine sud dell’Europa, è la porta dell’Europa - ci siamo noi: quindi noi siamo i primi responsabili di una diversa visione delle cose e dobbiamo essere i primi formulatori di proposte che siano veramente efficaci nella interpretazione del fenomeno migratorio e nella possibile soluzione, sotto il profilo umanitario e quindi del rispetto dei diritti e delle dignità delle persone, del movimento migratorio stesso.

Per una analisi sugli attuali flussi migratori nel Mediterraneo, Marco Guerra ha sentito Rosario Valastro, presidente del Comitato Regionale della Croce Rossa Italiana della Sicilia:RealAudioMP3

R. – Quello che regola la vita dei migranti non sono solo le leggi italiane, ma anche le convenzioni internazionali. Secondo la Convenzione di Dublino, quando un cittadino richiede asilo non può essere tenuto in detenzione, ma deve essere anzi tenuto in maniera tale da potersi muovere fino a quando lo Stato non abbia esitato la richiesta di asilo. Dall’anno scorso, abbiamo avuto una variazione delle rotte migratorie, proprio perché i migranti non vogliono fare la richiesta di asilo in Italia. Fanno in modo di non farsi identificare e per questo non arrivano più a Lampedusa – scappando e facendo in modo di arrivare in altri Paesi dell’Unione, i Paesi dell’Europa del Nord – e lì fanno la richiesta di asilo.

D. - Però, l’emergenza sbarchi non si attenua sulle coste siciliane, soprattutto dall’inizio dell’operazione "Mare Nostrum"…

R. - No, non si attenua per nulla. Anzi, abbiamo registrato un numero finora altissimo, decine e decine di sbarchi. L’ultima settimana è stata clamorosa, perché abbiamo avuto tre sbarchi in contemporanea al giorno in diverse province dell’isola. Sicuramente, sono flussi che aumenteranno, perché nel momento in cui il tempo favorirà chiaramente il percorso in mare dei migranti il loro numero aumenterà, specialmente con l’arrivo dell’estate. Con tutta probabilità gli uomini e le donne migranti faranno in modo di andare verso altri Paesi. L’Italia ormai è un Paese di transito. In caso contrario, avrebbero fatto in modo di farsi identificare in Italia e rimanerci.

D. - E nei nuovi flussi migratori qual è la composizione dei migranti? Da dove stanno arrivando principalmente queste persone?

R. - Un numero importante proviene dal Corno d’Africa. Continuano a esserci siriani, tutte le popolazioni sia del Medio Oriente sia della parte del Centro e del Nord Africa. Quindi, è abbastanza variegata.

D. – Per voi della Croce Rossa, l’altra faccia dell’emergenza è la questione sanitaria. Sono girate voci incontrollate su ceppi di ebola… É solo allarmismo? Siete pronti? Qual è la situazione?

R. – Finora, dalle notizie ufficiali che noi abbiamo dalla Marina e dal Ministero della salute, queste sono solo voci di allarmismo. In Sicilia, anche grazie agli Uffici di sanità marittima, al Ministero della salute e alla Croce Rossa, che supporta le operazioni di visita medica, riteniamo che oltre a essere un diritto del migrante conservare la salute, le visite mediche e i controlli sanitari possano far sentire maggiormente sicuri anche i cittadini. Siamo stati dotati di materiale a biocontenimento in maniera tale che, dove ci fossero malauguratamente casi di focolai, le persone possano essere immediatamente messe in postazioni sterili in modo da fermare il contagio di cui – ripeto – finora non abbiamo nessuna notizia. I dispacci medici ci dicono che possono esserci delle febbri, donne in gravidanza, non altro.

D. - Ieri l’ennesima tragedia davanti alle coste libiche. Al momento, la Libia è nel caos più completo …

R. - Il Comitato centrale è sicuramente in contatto con la Mezzaluna Rossa libica. Una cosa importante sarebbe la firma da parte del governo libico della Convenzione sui rifugiati. Sicuramente, si avverte un maggiore bisogno di regolamentazione anche dall’altra sponda del mediterraneo.







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