Centrafrica. La denuncia dei vescovi: "Siamo in ostaggio dei violenti"
“La Repubblica Centrafricana è una prigione a cielo aperto, dove la libertà di movimento
è condizionata come quella di parola” denuncia un comunicato ripreso dall’agenzia
Fides, del Consiglio permanente della Conferenza episcopale centrafricana.
Nel
documento si denunciano le violenze commesse dai diversi gruppi armati che imperversano
nel Paese: “l’Lra (Esercito di Resistenza del Signore di origine ugandese) che dilaga
da anni nell’est, gli Anti balaka che perseguitano la popolazione civile e gli ex
Seleka, appoggiati da mercenari ciadiani e sudanesi, determinati a riconquistare il
potere con la forza”.
Anche la Chiesa non è stata risparmiata dalla violenza,
si ricorda nel messaggio, che condanna con fermezza “il tentativo di rapimento del
parroco di Kembé da parte di ex Seleka basati a Dimbi, il rapimento del vescovo di
Bossangoa e di tre suoi preti e l’orribile omicidio di don Christ Forman Wilibona
della diocesi di Bossangoa”. Per ristabilire l’ordine, i vescovi chiedono il disarmo
dei gruppi illegali e il ristabilimento delle forze armate nazionali, con l’aiuto
delle forze internazionali presenti nel Paese.
La drammatica crisi iniziata
nel dicembre 2012 ha prodotto, ricordano i vescovi, 838.000 sfollati interni dei quali
313.094 raggruppati in 66 Campi nella sola capitale Bangui, 17.865 rifugiati in Centrafrica
e 245.868 rifugiati centrafricani nei Paesi vicini, 31.196 stranieri evacuati dal
Paese.
Nel comunicato infine si denuncia che l’instabilità ha accresciuto
lo sfruttamento illegale delle risorse del Paese, dal legno alla fauna (in particolare
gli elefanti, vittime dei bracconieri, e gli allevamenti dei Peuls, musulmani cacciati
dalle milizia anti-balaka), dall’oro ai diamanti, da parte di quanti alimentano il
conflitto.
“Abbiamo bisogno della solidarietà internazionale per far fronte
alla peggiore crisi della nostra storia, ma questo non ci esonera dalla nostra responsabilità
in quanto cittadini. Questa dichiarazione vuole essere un appello alla Presidente,
al governo di transizione e alle forze internazionali che hanno ricevuto il mandato
delle Nazioni Unite” conclude il messaggio. (R.P.)