Il ministro Giannini: puntare sul merito, sostegno alla scuola paritaria
“E' tempo di rimettere al centro le cose che contano, tra queste la scuola merita
un'attenzione speciale. Se non si investe su di essa difficilmente un Paese riprende
a crescere". Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco in
un'intervista a Famiglia Cristiana in vista dell'incontro del Papa col mondo
della scuola il 10 maggio. Il premier Renzi ha più volte detto di voler puntare sulla
formazione dei ragazzi per rilanciare l’Italia. Alessandro Guarasci ha intervistato
il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini:
R. – Siamo
partiti dall’edilizia, ma stiamo rapidamente andando ai capitoli che, dopo l’edilizia,
devono diventare principali punti di discussione e di misure concrete. Dico il primo:
abbiamo aperto un dibattito, in questi giorni, al Ministero dell'istruzione, e sarà
un’operazione molto rapida sulla scuola, per arrivare a proporre nel prossimo mese,
anche arrivando a condividere la proposta in Consiglio dei ministri, una rivisitazione
del contratto degli insegnanti, che introduca queste parole d’ordine e le misure che
ad esse devono corrispondere: valutazione, merito e premialità.
D. – Ci sarà
anche un piano a sostegno della scuola paritaria? I fondi arrivano sempre con il contagocce...
R.
– Credo che la libertà di scelta educativa sia un principio europeo fondamentale e
anche da attuare concretamente nel nostro Paese. Ricordo che c’è una legge dello Stato,
una legge del 2001, che prevede questo, ma che poi è rimasta sempre disattesa. La
scuola italiana è un sistema pubblico fatto di due gambe: uno è quello statale e l’altro
è non statale. C’è una responsabilità quindi politica del governo di dare il giusto
spazio, come prevede la legge e anche la nostra Costituzione, ad una libertà di scelta
educativa, affinché i nostri studenti trovino una qualità migliore e quella più vicina
alla sensibilità delle famiglie degli studenti.
D. – E i fondi attuali sono
scarsi, sono pochi...
R. – Sono scarsi, ma non sono consolidati, non sono fondi
che rispondono ad una programmazione pluriennale. Allora, noi dobbiamo, però, esigere
da statali e non statali, da paritarie e scuole gestite dallo Stato, lo stesso livello
di qualità misurabile, valutabile e con, anche qui, una premialità corrispondente.
D. – Lei ribadisce che i testi "Invalsi" sono un punto fondamentale nella
valutazione degli insegnanti?
R. – Io ribadisco che l’Invalsi è una modalità
che non intendo assolutamente cestinare, ma che intendo mettere a sistema – cosa che
non è ancora avvenuta – e naturalmente migliorare dove si può. Ci possono e ci devono
essere altri strumenti che si accompagnano, per avere una valutazione complessiva.
E’ un lavoro che devono fare i dirigenti scolastici, è un lavoro che devono fare gli
insegnanti anche all’interno della scuola, in un processo di autovalutazione. C’è
tutto un sistema, quindi, che in altri Paesi è composto sia dalla misurazione di quanto
apprendono gli studenti sia da altri componenti.
D. – Ritiene che le famiglie
debbano essere maggiormente coinvolte in temi sensibili come la sessualità?
R.
– Credo che tutti i temi che si toccano a scuola debbano avere anche il coinvolgimento
delle famiglie. Ci sono temi – quello della sessualità è uno, ma ce ne sono altri,
come quello delle convinzioni religiose, delle sensibilità etniche – che toccano la
sensibilità molto specifica e anche molto personale dei ragazzi.
D. – Lei ribadisce
il fatto che il Ministero e il governo puntano sul tempo pieno, anche a fronte di
una scarsità di insegnanti? Per esempio alle elementari sappiamo che dovrebbero esserci
due insegnanti, ma in realtà la continuità didattica non è sempre assicurata...
R.
– Il tempo pieno non è diffuso come speravo e credevo in tutto il Paese, sapendo già
che c’erano delle differenze. Ma le differenze sono macroscopiche: a Nord un 40 per
cento di scuole ha il tempo pieno e al Sud non si arriva all’8 per cento. E allora
noi dobbiamo sicuramente ritenerlo uno dei punti determinanti dell’agenda politica.
Dobbiamo valutare, anche in un piano generale del capitolo di risorse che potremo
assegnare alla scuola nei prossimi anni, quanto sarà veramente possibile investire
per arrivare, non dico dall’8 al 40 per cento in tre anni, che sarebbe utopia, ma
sicuramente incrementare sensibilmente anche le regioni meridionali.