2014-05-08 13:51:25

Il ministro Giannini: puntare sul merito, sostegno alla scuola paritaria


“E' tempo di rimettere al centro le cose che contano, tra queste la scuola merita un'attenzione speciale. Se non si investe su di essa difficilmente un Paese riprende a crescere". Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco in un'intervista a Famiglia Cristiana in vista dell'incontro del Papa col mondo della scuola il 10 maggio. Il premier Renzi ha più volte detto di voler puntare sulla formazione dei ragazzi per rilanciare l’Italia. Alessandro Guarasci ha intervistato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini: RealAudioMP3

R. – Siamo partiti dall’edilizia, ma stiamo rapidamente andando ai capitoli che, dopo l’edilizia, devono diventare principali punti di discussione e di misure concrete. Dico il primo: abbiamo aperto un dibattito, in questi giorni, al Ministero dell'istruzione, e sarà un’operazione molto rapida sulla scuola, per arrivare a proporre nel prossimo mese, anche arrivando a condividere la proposta in Consiglio dei ministri, una rivisitazione del contratto degli insegnanti, che introduca queste parole d’ordine e le misure che ad esse devono corrispondere: valutazione, merito e premialità.

D. – Ci sarà anche un piano a sostegno della scuola paritaria? I fondi arrivano sempre con il contagocce...

R. – Credo che la libertà di scelta educativa sia un principio europeo fondamentale e anche da attuare concretamente nel nostro Paese. Ricordo che c’è una legge dello Stato, una legge del 2001, che prevede questo, ma che poi è rimasta sempre disattesa. La scuola italiana è un sistema pubblico fatto di due gambe: uno è quello statale e l’altro è non statale. C’è una responsabilità quindi politica del governo di dare il giusto spazio, come prevede la legge e anche la nostra Costituzione, ad una libertà di scelta educativa, affinché i nostri studenti trovino una qualità migliore e quella più vicina alla sensibilità delle famiglie degli studenti.

D. – E i fondi attuali sono scarsi, sono pochi...

R. – Sono scarsi, ma non sono consolidati, non sono fondi che rispondono ad una programmazione pluriennale. Allora, noi dobbiamo, però, esigere da statali e non statali, da paritarie e scuole gestite dallo Stato, lo stesso livello di qualità misurabile, valutabile e con, anche qui, una premialità corrispondente.

D. – Lei ribadisce che i testi "Invalsi" sono un punto fondamentale nella valutazione degli insegnanti?

R. – Io ribadisco che l’Invalsi è una modalità che non intendo assolutamente cestinare, ma che intendo mettere a sistema – cosa che non è ancora avvenuta – e naturalmente migliorare dove si può. Ci possono e ci devono essere altri strumenti che si accompagnano, per avere una valutazione complessiva. E’ un lavoro che devono fare i dirigenti scolastici, è un lavoro che devono fare gli insegnanti anche all’interno della scuola, in un processo di autovalutazione. C’è tutto un sistema, quindi, che in altri Paesi è composto sia dalla misurazione di quanto apprendono gli studenti sia da altri componenti.

D. – Ritiene che le famiglie debbano essere maggiormente coinvolte in temi sensibili come la sessualità?

R. – Credo che tutti i temi che si toccano a scuola debbano avere anche il coinvolgimento delle famiglie. Ci sono temi – quello della sessualità è uno, ma ce ne sono altri, come quello delle convinzioni religiose, delle sensibilità etniche – che toccano la sensibilità molto specifica e anche molto personale dei ragazzi.

D. – Lei ribadisce il fatto che il Ministero e il governo puntano sul tempo pieno, anche a fronte di una scarsità di insegnanti? Per esempio alle elementari sappiamo che dovrebbero esserci due insegnanti, ma in realtà la continuità didattica non è sempre assicurata...

R. – Il tempo pieno non è diffuso come speravo e credevo in tutto il Paese, sapendo già che c’erano delle differenze. Ma le differenze sono macroscopiche: a Nord un 40 per cento di scuole ha il tempo pieno e al Sud non si arriva all’8 per cento. E allora noi dobbiamo sicuramente ritenerlo uno dei punti determinanti dell’agenda politica. Dobbiamo valutare, anche in un piano generale del capitolo di risorse che potremo assegnare alla scuola nei prossimi anni, quanto sarà veramente possibile investire per arrivare, non dico dall’8 al 40 per cento in tre anni, che sarebbe utopia, ma sicuramente incrementare sensibilmente anche le regioni meridionali.







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