Thailandia. La premier Shinawatra destituita per abuso di potere
La Corte costituzionale thailandese ha destituito la premier, Yingluck Shinawatra,
e alcuni ministri con l’accusa di abuso di potere per il trasferimento nel 2011 di
un alto funzionario. Ora, si attende il verdetto anche per un altro capo di imputazione
che la coinvolge, la corruzione. Premier ad interim è stato nominato l’ex titolare
del commercio e venerdì prossimo un Consiglio dei ministri completerà la squadra.
“Sono innocente e continuerò a lavorare per la democrazia”, ha detto la premier. Della
natura e degli effetti di questa decisione nel Paese, già profondamente diviso, Gabriella
Ceraso ha parlato con Romeo Orlandi, vicepresidente dell’Osservatorio Asia
e docente di Economia dell’Asia orientale all’Università di Bologna:
R. - Se la questione
sia fondata non lo so. La Corte avrà avuto i suoi buoni motivi. Sicuramente, però,
è andata al di là delle intenzioni, perché rimuovere d’ufficio un primo ministro per
una questione relativamente minore è stato se non un pretesto comunque un ingigantimento
di un problema.
D. - I sostenitori della Shinawatra parlano di un colpo di
Stato giudiziario e sono pronti a scendere in piazza. Dunque, è questo quello che
ci dobbiamo aspettare? Ancora instabilità per un Paese sostanzialmente, di per sé,
pacifico…
R. - Penso proprio di sì. Il vero problema è capire che cosa potranno
e dovranno fare le forze cosiddette intermedie: l’esercito e la corona. L’esercito,
finora, è sembrato relativamente schierato anti-Taksin, però non può certo andare
contro il proprio popolo. Il re è vecchio, malato e costituzionalmente lontano dalle
decisioni più cogentemente politiche. Prevedo che, di nuovo, il Paese dovrà pagare
un prezzo alto all’instabilità.
D. - Non è la prima volta che si cerca di
far fuori la dinastia degli Shinawatra: non c’è questa possibilità che, invece, il
Paese vada verso una stabilizzazione: nel senso che fuori questo, il nuovo esecutivo,
20 luglio il voto…
R. - E’ possibile, ma rimane da capire se Shinawatra - il
clan - voglia pacificamente accettare questa soluzione. In realtà dietro di loro ci
sono - oltre che interessi personali e familiari - delle tendenze autentiche, vere,
reali del Paese: l’imprenditoria cinese perché non ci dimentichiamo che Shinawatra
è cinese, l’autonomia del nord della Thailandia perché il nord del Paese è stato negletto
dalla fase di sviluppo economico che ha interessato soprattutto Bangkok e le èlite
urbane e borghesi della capitale. Quindi, un misto di "sinitudine", imprenditoria,
rampantismo, situazione rurale, si infittisce dietro la figura di Shinawatra, per
cui, se lui rinuncia direttamente alla propria posizione - cosa alla quale io non
credo - si potrebbe andare verso una pacificazione, altrimenti di andrà verso soluzioni
di forza.