Mons. Galantino: in Italia molto diffusa una fede "light" che non sa bene in cosa
crede
Scuola, legislazione sulla libertà religiosa e ricerca universitaria: sono queste
le iniziative da intraprendere per combattere l’analfabetismo religioso, indicate
da mons. Nunzio Galantino. Intervenuto ieri pomeriggio a Roma, presso la sede del
Senato, alla presentazione del Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, realizzato
dalla Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII, il segretario generale dei
vescovi italiani ha definito il documento “uno studio serio e non fazioso”, ma che
tuttavia provoca “amarezza” quando si comprende l’interpretazione dei dati in esso
contenuti, perché si tratta di “numeri spietati”. In particolare, mons. Galantino
ha messo in luce come “il preoccupante tasso di analfabetismo religioso” registrato
dal Rapporto sia “almeno in parte anche il frutto, amaro ma evidente, di un sentimento
religioso che poggia su tracce cristiane infantilistiche, anche nel linguaggio e nelle
immagini, che rivelano tutta la loro inadeguatezza e tutta la loro marginalità rispetto
a ciò che nel conta nel mondo adulto”, che “domanda sempre di più al credente di saper
dare ragione della speranza che lo anima”, con “contenuti di fede adulti”, ovvero
“quelli che permettono di formarsi e di avere una coscienza critica e una sensibilità
capace di capire e di apprezzare le differenze, senza demonizzarle né volerle necessariamente
omologare”. Il presule ha quindi evidenziato un altro dato cruciale del Rapporto e
cioè che “i due terzi degli italiani sono immersi in una fede light, nel senso
che non si dichiarano atei e agnostici, anzi dicono di credere, ma non hanno le idee
chiare sul contenuto del loro credere e non mantengono nessun contatto con la Chiesa”.
Di qui, l’invito lanciato dal presule a primerear (neologismo caro a Papa Francesco),
ovvero a “prendere l’iniziativa perché l’esperienza religiosa non si riduca a uno
sfondo anonimo a cui si presta un’attenzione interessata o peggio sospetta, fatta
di narrazioni su Gesù e accompagnate da buoni sentimenti, tutti comunque assolutamente
irrilevanti per la vita che conta”. Essenziale, in questo senso, anche “una nuova
attenzione al sistema di comunicazione di massa”. Quindi, mons. Galantino ha aggiunto:
“La fede, senza negare il valore che ha ogni conoscenza razionale, non può essere
ridotta a questa, la fede infatti è esperienza di relazione, attraverso la quale il
credente viene inserito in un dinamismo di comprensione e di condivisione responsabile”.
“Mi piacerebbe - ha concluso il segretario generale della Cei - che una prossima ricerca
potesse prendere in seria considerazione non solo la conoscenza dei contenuti della
fede, ma che tentasse anche una sortita seria e intelligente anche sulla fede come
esperienza di relazione”. (I.P.)