Ancora scontri in Ucraina. Liberati gli osservatori dell'Osce
L’Ucraina è ad un passo dalla guerra civile. Nel paese continuano gli scontri fra
i separatisti filorussi e il governo di Kiev. In un colloquio telefonico con il ministro
degli esteri russo, il segretario di stato americano Kerry esorta Mosca a smettere
di sostenere i separatisti ucraini. Da parte sua Lavrov vuole che gli Stati Uniti
facciano pressione su Kiev perché metta fine alle operazioni militari nel sud-est
del paese. Intanto sono stati liberati i 7 osservatori dell’Osce. Il servizio di
Debora Donnini:
Proseguono le
operazioni militari ucraine contro i separatisti filorussi nell’est del paese. Kiev
ha il "pieno controllo" dell'area esterna a Sloviansk, di tutte le strade importanti
di accesso e dei 14 checkpoint precedentemente in mano ai filorussi, rende noto Vasil
Krutov, capo del centro anti terrorismo ucraino, aggiungendo che le forze governative
hanno riguadagnato anche il controllo della torre televisiva di Sloviansk, spegnendo
i canali russi. Le truppe ucraine hanno poi riconquistato la sede dei servizi di intelligence
a Kramatorsk. Nell'operazione in corso nell'Ucraina dell'est, le forze di Kiev hanno
registrato 5morti e 12 feriti. L’episodio più drammatico è avvenuto a Odessa, città
portuale sul Mar Nero, dove si contano 42 morti per un incendio scoppiato la scorsa
notte, dopo alcuni scontri, nella 'Casa dei Sindacati'. La polizia ha arrestato 130
persone e sono stati proclamati due giorni di lutto nazionale. Scambio di accuse sulle
responsabilità. L'Ue chiede che venga svolta “un'inchiesta indipendente per assicurare
alla giustizia i responsabili di questi atti criminali”. Il Cremlino ammette intanto
di aver perso il controllo sui gruppi di 'autodifesa' operanti nel sud-est del paese
e dunque di non poter risolvere la crisi da solo e in un colloquio telefonico con
il ministro degli Esteri russo, il segretario di Stato americano, John Kerry, esorta
Mosca a smettere di sostenere i separatisti ucraini. Da parte sua Lavrov invita gli
Stati Uniti a utilizzare tutta la propria influenza per convincere Kiev a cessare
immediatamente le operazioni militari nel sud-est e a liberare i partecipanti alle
proteste.
Al microfono di Massimiliano Menichetti, la testimonianza
di mons. Dionisio Lachovicz, visitatore apostolico per gli Ucraini greco-cattolici
in Italia e Spagna:
R. – Stiamo
vivendo un momento molto drammatico in Ucraina e nella nostra Chiesa. Noi preghiamo
per la pace e soltanto per la pace.
D. – Gli scontri nel Paese, purtroppo,
però, mostrano persone che imbracciano le armi...
R. – Il momento è molto difficile,
ma non è questo il cammino. Non possiamo coltivare nei nostri cuori la vendetta. Quello
che possiamo fare adesso è pregare per la pace.
D. – Si dice sempre che l’Ucraina
è divisa tra una parte che guarda all’Europa e una parte che guarda alla Russia, ma
è veramente questo il cuore del Paese?
R. – Questa divisione è stata creata
dai politici. Queste divisioni sono sorte adesso: il popolo non è diviso.
D.
– Quindi, secondo lei, è solo la politica che porta le persone a dividersi?
R.
– In gran parte sì. Io sono stato lì, ho viaggiato e non ho visto divisioni tra la
gente.
D. – Qual è il principale problema interno del Paese adesso?
R.
– In questo momento l’Ucraina è un Paese debole, disarmato, con una corruzione dilagante.
La struttura governativa non esiste, è stata distrutta completamente dal governo precedente.
Dobbiamo fidarci della comunità internazionale, sperando che possa aiutarci.
D.
– Una speranza sono anche le prossime elezioni presidenziali...
R. – Sì, ma
non so se si arriverà a queste elezioni. Questo è il problema. Tutti i tumulti del
momento rischiano di non dare spazio alle elezioni democratiche.
D. – Cosa
sta facendo la Chiesa in questa situazione?
R. – La Chiesa ha già fatto molto
durante le proteste nella Maidan di Kiev. E’ stata una sorta di mediatrice tra gli
oppositori del governo e l’esecutivo. Ma adesso non ha più voce: la Chiesa prega e
si rivolge sempre con il suo messaggio di pace. Ora, però a parlare sono le armi.
Speriamo bene, speriamo nella forza divina, nella forza della preghiera.