Siria. Attentati ad Hama, uccisi 11 bambini. Accordo per un cessate il fuoco di 24
ore ad Homs.
Nuova giornata di sangue in Siria: nella zona di Hama l’esplosione di due autobombe
ha provocato almeno 18 morti, tra cui 11 bambini. Sempre critica la situazione anche
nella città di Homs, teatro in di sanguinosi attacchi kamikaze benchè sia stato confermato
l’accordo tra il regime e i ribelli siriani per un cessate il fuoco di 24 ore. L'intesa,
entrata in vigore questo venerdì, prevede che i combattenti lascino il centro di Homs,
assediato dalle forze di Assad, e si ritirino in zone limitrofe sotto il controllo
dei ribelli. Si calcola che circa tremila persone siano intrappolate nella Citta'
Vecchia di Homs e in alcuni quartieri vicini, dove da tempo scarseggiano cibo e alimenti.
E
su che cosa riesce a fare la Chiesa proprio ad Homs in una situazione così difficile,
Eugenio Bonanata ha sentito il gesuita padre Ghassan Sahoui: il gesuita padre Ghassan
Sahoui:
R. – La Chiesa
certamente continua la sua missione di aiutare la gente a vivere qui, soprattutto
i cristiani, e quindi a resistere a tutte le tentazioni di fuggire o di avere paura.
La situazione non è accettabile, possiamo definirla inumana. Però, nello stesso momento
non vogliamo lasciare il nostro Paese. Quindi, di fronte ai cristiani noi proviamo
a incoraggiarli e sostenerli in tutti i modi. Inoltre, continuiamo a provare a essere
ponte di riconciliazione tra tutti i gruppi in combattimento, tra gli stessi musulmani.
Proviamo ad accogliere la gente e anche i bambini per educarli nel nostro centro che
accoglie tutti, senza far differenza tra le varie confessioni. Poi, c’è l’aiuto umanitario:
noi accogliamo senza differenze e diamo sempre la testimonianza dell’amore cristiano
che si offre a tutti.
D. – Ci sono iniziative che state portando avanti insieme
ai musulmani?
R. – Certamente. Proviamo sempre ad avere una prospettiva di
apertura verso i musulmani perché siamo concittadini, quindi siamo veri collaboratori
nella ricostruzione del Paese, proviamo a lavorare e collaborare insieme. Sì, i progetti
ci sono, per esempio quello di Aleppo: oggi il nostro organismo, il "Jesuit Refugee
Service" (JRS), lavora con collaboratori musulmani e cristiani e tutti danno testimonianza
di aiutare l’uomo – semplicemente l’uomo – senza vedere a quale religione appartiene,
o da dove viene. Quindi, stare accanto a lui. È una bella testimonianza di unione
che fortifica i rapporti tra cristiani e musulmani e fa diminuire le tensioni tra
i gruppi.