Santa Sede e Convenzione contro la tortura: nota di padre Lombardi
Durante la 52.ma sessione del Comitato delle Nazioni Unite sulla Convenzione contro
la tortura (CAT), in corso a Ginevra, la Santa Sede presenterà il suo rapporto i prossimi
5 e 6 maggio. A questo proposito, pubblichiamo una nota del direttore della Sala Stampa
vaticana, padre Federico Lombardi:
La “Convenzione contro la tortura
e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti” è una delle importanti Convenzioni
internazionali realizzate nell’ambito dell’attività delle Nazioni Unite e a cui aderiscono
liberamente numerosi Paesi membri della comunità internazionale, i cosiddetti “Stati
Parte” delle Convenzioni.
Per verificare l’attuazione delle Convenzioni e i
progressi compiuti in esse, sono istituiti – in forza delle stesse Convenzioni e quindi
per mandato degli “Stati Parte” - dei Comitati di esperti indipendenti, che hanno
il compito di esaminare i rapporti periodici che gli Stati Parte si sono impegnati
a presentare, appunto su tale attuazione per quanto li riguarda. Nel corso delle sue
sessioni a Ginevra, il Comitato incontra le delegazioni degli Stati Parte per discutere
con esse i rapporti e lo stato di attuazione ed esecuzione della Convenzione ed eventuali
questioni di interpretazione della stessa. Si tratta di una procedura normale di dialogo
aperto, in cui anche la società civile può svolgere un ruolo tramite la presentazione
di commenti o raccomandazioni da parte di ONG di vario orientamento.
La Convenzione
contro la tortura (di solito indicata in breve: CAT) risale al 1984. La Santa Sede
vi ha aderito nel 2002 “per conto dello Stato della Città del Vaticano” e ha presentato
il suo Rapporto “iniziale” nel dicembre del 2012.
Il Comitato delle Nazioni
Unite sulla CAT è composto di 10 membri e sta tenendo la sua 52esima Sessione al Palais
Wilson di Ginevra dal 28 aprile al 23 maggio, nel corso della quale esaminerà i Rapporti
di otto paesi: Uruguay, Thailandia, Sierra Leone, Guinea, Montenegro, Cipro, Lituania
e Santa Sede. L’incontro del Comitato con la Delegazione della Santa Sede avrà luogo
il 5 e il 6 maggio.
Anzitutto, nella mattina del 5 maggio, vi sarà una breve
presentazione del rapporto da parte della Delegazione, seguiranno i commenti da parte
di due Relatori scelti dal Comitato. Nel pomeriggio del 6 la Delegazione può rispondere
alle domande ricevute il giorno prima e ad altre eventuali domande dei membri del
Comitato. Il 23 maggio il Comitato farà la sua conferenza stampa conclusiva della
sessione e poi pubblicherà le sue “Osservazioni conclusive”. A queste gli Stati Parte
– e quindi la Santa Sede – possono rispondere ulteriormente per scritto in modo formale.
Per
mettere a fuoco il significato di questo incontro e la natura del dialogo che vi avrà
luogo, occorre anzitutto mettere bene in chiaro che, data la natura di questa Convenzione
(che riguarda per lo più questioni attinenti alla legislazione penale, alla procedura
penale, al sistema carcerario, ai rapporti internazionali nel campo giudiziario, ecc…),
la Santa Sede ha aderito alla Convenzione per conto dello Stato della Città del Vaticano
(SCV), cosicché la sua responsabilità giuridica per l’applicazione riguarda il territorio
e le competenze dello Stato della Città del Vaticano.
Naturalmente la Santa
Sede propone anche un insegnamento importante sulle questioni della tortura e dei
trattamenti crudeli e inumani, che è di grande importanza per la diffusione dei principi
che ispirano la Convenzione e la sua attuazione - tanto vero che il Rapporto presenta
un’ampia silloge di riferimenti e citazioni del magistero della Chiesa e un’ampia
rassegna della notevole attività dei media vaticani su questo tema -, ma di per sé
questo va aldilà degli impegni assunti con l’adesione alla Convenzione, in quanto
limitata al territorio dello SCV.
Chi legge il Rapporto presentato dalla Santa
Sede nel dicembre del 2012 (che è pubblico) nota immediatamente che in diversi punti
importanti si fa riferimento alla revisione in corso della legislazione penale dello
Stato della Città del Vaticano. Tale revisione è stata nel frattempo compiuta con
le nuove leggi promulgate l’11 luglio dello scorso anno 2013 ed entrate in vigore
il 1° settembre successivo (Leggi n. VIII e IX), che rendono effettivamente la legislazione
penale e di procedura penale vaticana conforme alla Convenzione.
Come fu a
suo tempo ampiamente spiegato (cfr Comunicato della Sala Stampa, 11.7.2013; Testo
di commento di S.E. D.Mamberti in Osservatore Romano, 12.7.2013) la revisione è stata
ampia e profonda, così da adeguare la legislazione vaticana – fra l’altro - alle esigenze
di diverse Convenzioni internazionali a cui la Santa Sede aveva aderito nel corso
degli anni: non solo contro la tortura, ma anche contro la criminalità nel campo economico
e finanziario, contro la discriminazione razziale e per i diritti del fanciullo. Il
progresso di adeguamento alle esigenze della Convenzione compiuto nel campo normativo
è quindi molto rilevante.
Allo stesso tempo, nel corso del dialogo con gli
Stati Parte, non è raro che i Comitati pongano domande che derivano da questioni non
strettamente vincolate al testo della Convenzione, ma collegate ad esso indirettamente
o in base a un’interpretazione estensiva di esso. Ciò è avvenuto ad esempio nel mese
di gennaio scorso in occasione del dialogo con il Comitato per la Convenzione sui
diritti del fanciullo. A ciò contribuisce spesso la pressione esercitata sui Comitati
e sull’opinione pubblica da ONG fortemente caratterizzate e orientate ideologicamente
per inserire anche nella discussione sulla tortura la questione degli abusi sessuali
su minori, attinente invece piuttosto alla Convenzione sui diritti del fanciullo.
Quanto ciò sia strumentale e forzato, appare evidente a chiunque non sia prevenuto.
E’
anche opportuno osservare che gli esperti che fanno parte dei Comitati sono perlopiù
persone impegnate con grande decisione e merito per le cause della promozione dei
diritti, di cui tendono perciò ad allargare gli spazi e le forme di difesa. Ma ciò
va necessariamente bilanciato con le corrette regole della interpretazione giuridica,
in modo che il dibattito, in un mondo pluralistico, multiculturale e internazionale,
si svolga sempre in modo costruttivo, favorendo la crescita del consenso della comunità
internazionale per la tutela effettiva di valori essenziali per la dignità delle persone.
Ci si deve quindi augurare di poter svolgere un dialogo sereno e obiettivo,
pertinente al testo delle Convenzioni e alle loro finalità. Altrimenti le Convenzioni
vengono snaturate e i Comitati rischiano di perdere autorevolezza e scadere a strumenti
di pressione ideologica invece di essere il necessario stimolo verso l’auspicato progresso
nella promozione del rispetto dei diritti delle persone umane.
Questo è il
nostro sincero auspicio in vista del prossimo dialogo del 5 e 6 maggio a Ginevra,
ribadendo il fermo impegno della Santa Sede contro ogni forma e altre pene o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti.