Allerta in Pakistan, nel terzo anniversario dell’uccisione di Osama Bin Laden
Stato di massima allerta in Pakistan nel giorno del terzo anniversario dell'uccisione
del leader di al Qaeda Osama Bin Laden da parte delle forze speciali statunitensi.
Si temono ritorsioni: nel vicino Afghanistan, nella regione del Panshir, 13 i morti
in un attentato a firma talebana. Ma cosa è cambiato in questi tre anni nel panorama
internazionale e in particolare in Pakistan proprio sul fronte terrorismo? Gabriella
Ceraso lo ha chiesto a Francesca Manenti, analista del Centro studi internazionale:
R. – Sicuramente
il fenomeno del terrorismo continua ad essere preponderante nella politica pakistana.
Gli esperti del governo devono comunque scontrarsi con una sostanziale opposizione
delle forze armate, che non vedono nel dialogo con i gruppi degli insorti una soluzione
effettiva per la stabilità interna.
D. – Invece a livello di società civile,
che cosa è cambiato in questi tre anni?
R. – Sicuramente la società civile
prende le distanze da quello che è un fenomeno che non riconosce come proprio e con
il quale non vuole neanche essere associata. Il discorso di un dialogo a livello governativo
con l’insorgenza sicuramente è anche un’operazione politica nei confronti dell’elettorato
pakistano.
D. – A livello internazionale, se noi dovessimo individuare amici
pakistani del defunto Osama Bin Laden, ce ne sono ancora? E chi sono?
R. –
E’ una figura molto controversa, quindi attualmente, ma anche in passato, sono ben
pochi quelli che ammettono un collegamento diretto.
D. – Anche a livello di
aree d’influenza...?
R. – Il terrorismo pakistano e al Qaeda sono comunque
due fenomeni differenti. Terroristi affiliati ad al Qaeda si trovano in diversi contesti
e tuttora stanno portando avanti guerre civili in Siria piuttosto che in Yemen. Diverso
è il discorso di una commistione tra elementi qaedisti, quindi terroristici, e un
fenomeno interno, come quello dell’insorgenza talebana.
D. – Esiste ancora,
a tre anni di distanza, un caso Osama Bin Laden?
R. – Per il ruolo che ha avuto
come fondatore del terrorismo internazionale e soprattutto per la grande estensione
che ora questa rete ha raggiunto, rimane comunque una figura molto complicata e controversa.
Come personaggio storico ha avuto, invece ha un profilo ben delineato.
D. –
Tre anni sono serviti per assumere delle certezze nella lotta al terrorismo?
R.
– Non c’è più, se vogliamo, una centralità del gruppo. E’ venuto meno, quindi, quello
che veniva definito “al Qaeda Central”, in seguito alla guerra in Afghanistan. Sicuramente
le cellule regionali hanno un maggior risalto.