Usa, vicenda Oklahoma riapre dibattito su pena di morte
La mancata esecuzione di un condannato in Oklahoma, morto per infarto a seguito di
alcune complicazioni nel corso dell’iniezione letale, ha riacceso il dibattito sulla
pena di morte negli Stati Uniti. Il servizio di Alessia Carlozzo:
Shock nel penitenziario
di McAlester, in Oklahoma, dove un condannato è morto in seguito ad infarto dovuto
alle complicazioni nel corso della sua esecuzione con iniezione letale. Un episodio
preoccupante per Stefania Tallei, della Comunità di Sant’Egidio:
“Noi,
con la Comunità di Sant’Egidio, abbiamo contatti epistolari con 700 condannati e siamo
preoccupati: come cristiani non ammettiamo la condanna a morte”.
19 condanne
eseguite e 14 già fissate: è il bilancio della pena di morte negli Stati Uniti nel
2014, il più basso dal 1994. Ma le polemiche non si placano. Ancora Stefania Tallei:
“Molti
americani sono, in questo momento, a disagio per quanto riguarda la pena di morte.
Una ricerca scientifica ha mostrato che in questi anni 340 persone sono state condannate
a morte, ed erano innocenti. Sappiamo tutti che da quando è stato introdotto il test
del dna, molti sono risultati innocenti. Pare però che di questi 340, 183 siano morti
ed altri, pur essendo risultati innocenti, non hanno potuto rifare il processo e passeranno
tutta la vita in carcere, all’ergastolo. E’ un sistema, insomma, che non va, per tanti
motivi”.
Segnali di cambiamento arrivano da diversi Stati americani, come
ci spiega ancora Stefania Tallei:
“Il processo è lentamente avviato, a partire
da alcuni Paesi, come nel New Hampshire, nel New Jersey, nel Maryland. Ci sono Stati
dove ci sono meno condanne e meno esecuzioni o forse anche nessuna, e dove c’è una
propensione alla moratoria o comunque all’abolizione, in quello Stato specifico. Credo
che si andrà avanti così, perché c’è un disagio forte, crescente e credo che altri
Stati possano fare dei grossi passi avanti: la California, ad esempio, ha provato
a fare un referendum, che non è andato, ma per poco".
Scende anche il consenso
sulla pena di morte: un cambiamento importante nell’opinione pubblica americana, come
ci spiega Riccardo Noury, portavoce per l’Italia di Amnesty International:
“Man
mano che si conosce la realtà della pena di morte, che è fatta di esecuzioni cruente,
di possibili innocenti messi a morte, di persone con disagio mentale, di persone male
assistite dal punto di vista giudiziario, l’opinione pubblica negli Stati Uniti prende
una posizione diversa rispetto al passato. Quindi i segnali, quelli che lei ha descritto,
sono tutti positivi; non di meno, però, le esecuzioni continuano e non sarà una possibile,
lieve diminuzione rispetto al 2013 a farci esultare o a far sperare che il problema
della pena di morte, negli Stati Uniti finisca in brevissimo tempo. Certo è che quello
che occorrerebbe in questa fase sarebbe una pronuncia della Corte Federale Suprema
sul metodo di esecuzione, perché queste esecuzioni pongono un problema di costituzionalità
rispetto all’ottavo emendamento, che stabilisce il divieto di pene inusuali e crudeli.
Questa, dal punto di vista giudiziario, potrebbe essere una strada importante”.
Oltre
che negli Stati Uniti, anche in Cina, Iraq, Iran e Arabia Saudita le esecuzioni non
si fermano e la situazione non sembra migliorare, come ci spiega ancora Riccardo Noury:
“Per
quanto riguarda la Cina, stimiamo soltanto che ci siano migliaia di esecuzioni, ogni
anno, perché il governo si ostina a non rendere pubblici i dati. Nei due Paesi del
Medio Oriente – Iran e Iraq – c’è una preoccupante escalation
di esecuzioni. Noi temiamo che alla fine dell’anno il numero di esecuzioni in Iran
ed Iraq sarà addirittura superiore a quello del 2013: sono state già circa 200 in
Iran e quasi una cinquantina in Iraq, nei primi quattro mesi dell’anno. Ci sono poi
segnali preoccupanti che arrivano anche da altri Paesi. Pensiamo che negli ultimi
34 giorni in Egitto sono state complessivamente inflitte 1200 condanne a morte, questo
è stato il processo, o meglio la coppia di processi nei quali è stato registrato il
maggior numero di condanne a morte nella storia della pena di morte, almeno da quando
Amnesty International compie ricerche su questa violazione dei diritti umani”.