2014-04-30 14:13:35

Sud Sudan. Allarme Onu per carestia e bambini soldato, 9 mila quelli sui due fronti


In Sud Sudan, oltre novemila bambini combattono tra le fila dei due schieramenti in campo che si affrontano da metà dicembre. Questo l’allarme lanciato a Juba dall'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, nel denunciare i sanguinosi scontri tra seguaci del presidente Salva Kiir e fedelissimi dell’ex vice presidente Riek Machar. La rappresentante delle Nazioni Unite ha parlato inoltre di numerose donne e ragazze violentate o rapite. Invocata poi nuovamente la fine dei combattimenti, per consentire alla popolazione di seminare ed evitare il rischio di carestia e fame. Lo stessa esortazione era arrivata poche ore prima dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in una telefonata allo stesso presidente, Salva Kiir. Sulla situazione in atto, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Juba Enrica Valentini, direttrice della Rete delle Radio Cattoliche del Sud Sudan e dei Monti Nuba:RealAudioMP3

R. – A parte i danni collegati ai combattimenti, la preoccupazione maggiore è per la popolazione e per l’accesso al cibo. Fin dall’inizio della crisi, c’erano stati comunicati circa tre milioni di persone a rischio di insicurezza alimentare. Negli ultimi rapporti, compilati da varie organizzazioni che lavorano nel campo umanitario, le persone a rischio di carestia e di insicurezza alimentare grave sono salite già a sette milioni. Quindi, c’è la necessità di poter distribuire generi alimentari, semi, attrezzi per coltivare e garantire un minimo di stabilità alle persone per poter poi lavorare nei campi. Questa è la richiesta urgente: è un bisogno indiscusso per la popolazione. Inoltre, l’avvicinamento della stagione delle piogge sta aumentando l’allarme. Diventerà poi più difficile accedere alle zone paludose o alle strade che si interromperanno proprio per le piogge.

D. – Perché gli scontri scoppiati a metà dicembre continuano ad andare avanti? A gennaio era stato raggiunto un cessate-il-fuoco tra seguaci del presidente Salva Kiir e fedelissimi dell’ex vice presidente Riek Machar…

R. – Diciamo che è rimasto molto sulla carta e poco nella pratica. I combattimenti, fondamentalmente, non sono mai cessati del tutto. Movimenti di truppe e scontri ci sono sempre stati da gennaio ad oggi. Il governo e le forze in opposizione non sono disposti a perdere zone chiave del Paese, zone dove ci sono i pozzi petroliferi. Perché il petrolio è la maggiore risorsa del Paese.

D. – Gli scontri hanno esacerbato tensioni preesistenti?

R. – Sì, la tensione generale che si è creata nel Paese porta le due tribù in causa, Dinka e Nuer, a sentirsi potenziali obiettivi di scontri o di attacchi.

D. - L’Onu parla anche di novemila bambini impiegati in questi combattimenti…

R. – Non posso confermare o smentire queste cifre, però è indubbio che tra le forze in combattimento ci siano molti giovani sotto i 18 anni. Informazioni ricevute da persone che si sono trovate nei luoghi degli scontri riportano di molti ragazzi che combattevano e tra l’altro in maniera molto feroce.

D. – Come Radio Cattoliche avete contatti direttamente con la popolazione, in tutto il Sud Sudan: qual è la speranza della gente per il futuro?

R. – La gente continua a chiedere la pace. I colloqui di pace stanno per ripartire ad Addis Abeba e si spera che stavolta qualcosa si raggiunga veramente. Ma, visti i precedenti, la gente non è poi così positiva sui risultati. Però, ci sono molte iniziative che stanno venendo fuori sul campo, come momenti di preghiera per la pace o, com’è successo qualche settimana fa, qui a Juba c’è stata una giornata in cui artisti, musicisti, pittori, soprattutto ragazzi, si sono radunati per esprimere la volontà dei giovani di portare la pace, di lavorare per la pace.







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