Iraq al voto tra attentati e violenze 11 anni dopo Saddam
Urne aperte in Iraq dove gli elettori sono chiamati a rinnovare il Parlamento. Si
tratta delle prime elezioni dopo il ritiro delle truppe americane. Ad 11 anni dalla
caduta del regime di Saddam Hussein, il Paese è ancora sconvolto da attentati e violenze.
Almeno 17 le persone morte oggi in seguito a diversi attacchi. Il servizio di Barbara
Schiavulli:
Dopo cinque
anni, un governo paralizzato da rivalità politiche e religiose, segnate da una guerra
civile che ha causato 9 mila morti dall'inizio dell'anno e 80 solo ieri, gli iracheni
- 22 milioni dei quali votanti - sono tornati ai seggi, per un Parlamento - 9 mila
candidati - di 328 posti, che eleggerà il presidente e, soprattutto, il primo ministro.
Migliaia di poliziotti, massimo stato di allerta, coprifuoco per le macchine nella
capitale, poi parzialmente tolto per permettere alla gente di raggiungere i seggi.
E tanti indici macchiati di nero, segno che la gente è andata a votare. Una campagna
elettorale serrata che vede tra i favoriti l'attuale premier sciita al Maliki, al
terzo mandato, che - per quanto non particolarmente amato - da molti è considerato
'il meno peggio', anche perché da lui è stata scelta tutta la leadership militare
che si occupa di combattere contro lo Stato islamico dell'Iraq del Levante, organizzazione
legata ad al Qaeda che fa base nella provincia sunnita di Anbar, dove molti seggi
non hanno nemmeno aperto.
Quali le speranze sono riposte in queste consultazioni?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare
di Baghdad dei Caldei:
R. – Le elezioni
sono la cosa più importante per il Paese: per portarlo avanti, per arrivare al successo,
alla pace, alla sicurezza stessa del popolo iracheno. Ma purtroppo avvengono in una
situazione molto difficile a causa degli atti terroristici. Vogliono tutti che ci
sia la pace e la sicurezza nei prossimi giorni, affinché le elezioni siano veramente
buone ed agevoli per il popolo iracheno. Speriamo che imparerino tutti da questa esperienza
negativa, così da poter arrivare ad un momento buono e positivo per la nazione.
D.
– Mons. Warduni, in questo momento chi è che può e che deve aiutare l’Iraq?
R.
– Per me sono gli iracheni che dovrebbero aiutarsi gli uni gli altri, ma anche i Paesi
vicini… Dove si pensa veramente in Dio, lì si può fare veramente qualcosa di buono.
Dove si fanno le cose con amore e senza interessi personali, lì allora potrebbero
avvenire dei miracoli veramente buoni.