“La prima cosa, la più importante è la pace. Le nuove istituzioni irachene dovranno
adoperarsi per riportare la stabilità e la sicurezza in questo Paese provato da anni”:
è l’appello che mons. Shleimon Warduni, vescovo ausiliare caldeo a Baghad rivolge
attraverso l'agenzia Misna, ai politici iracheni a due giorni dall’apertura delle
urne per le prime elezioni parlamentari dal ritiro statunitense, nel 2011.
“Dopo
qualche anno di relativa calma siamo ripiombati nell’incubo: attentati e violenze
sono di nuovo all’ordine del giorno, e la gente non ce la fa più” ammette il religioso,
che è anche presidente della Caritas locale. “Tutti noi, capi delle chiese e delle
congregazioni religiose abbiamo insistito con i fedeli perché si rechino alle urne
in massa domani – racconta – poiché questo è un loro diritto, ed è il solo modo in
cui possono far ascoltare la loro voce”.
La voce di “una maggioranza silenziosa”
osserva Warduni, di sciiti, sunniti e cristiani, curdi e turcomanni che senza distinzione
“vogliono vivere in pace gli uni con gli altri, come hanno fatto per secoli e come
continuerebbero a fare se non fossero continuamente provocati e istigati”. Il vescovo,
infatti, è convinto che in questo momento la sfida più grande gli iracheni la debbano
combattere con “forze settarie, partigiane, che agiscono in base ad appetiti economici
e contro gli interessi del popolo”.
Per questo, aggiunge, “è importante andare
ad eleggere persone che agiscano per il bene del Paese e non dei singoli o degli interessi
di parte”. Un riferimento alle divisioni settarie che ad Al Anbar hanno covato una
rivolta dei gruppi sunniti contro il governo dello sciita Nuri al Maliki, ma anche
alla disputa che, ormai da mesi, oppone Baghdad alle autorità del Kurdistan, riguardo
alla vendita e ai contratti per lo sfruttamento delle riserve di petrolio.
Queste
sono solo alcune delle sfide che il nuovo parlamento e il futuro esecutivo si troveranno
ad affrontare, a cui si aggiungono problemi sociali all’ordine del giorno: “Infrastrutture,
diversificazione dell’economia e riorganizzazione delle forze armate – afferma il
vescovo caldeo – solo per citare alcuni dei nodi cruciali e urgenti, per la ricostruzione
di questa casa distrutta”. (R.P.)