Indonesia: giuristi islamici contestano l'applicazione della "sharia" ai non musulmani
Un articolo nel nuovo Codice penale islamico di Aceh, approvato definitivamente nel
febbraio scorso, prevede che anche i non-musulmani possano essere sottoposti a processo
nelle Corti islamiche, ma avvocati, esperti legali e attivisti per i diritti umani
nella provincia contestano l’applicazione della Sharia ai non musulmani. Come riferisce
l’agenzia Fides, il corpus delle nuove norme è oggi sotto lo scrutinio e la revisione
da parte del Ministero degli Interni indonesiano, che ha chiesto al governo locale
di Aceh alcuni chiarimenti.
Un articolo del nuovo Codice – chiamato nel complesso
“Qanun Hukum Acara Jinayat” (Qhaj) – prevede che i non musulmani possano essere perseguiti
e giudicati secondo la legge islamica, se partecipano insieme con i musulmani a reati
punibili da quella legge.
Secondo il musulmano Saifuddin Bantasyah, professore
di Diritto all’università “Syiah Kuala” di Banda Aceh, questo non sarebbe regolare.
Il nuovo Codice penale, infatti, tocca sfere come abbigliamento, gioco d'azzardo,
adulterio, consumo di alcol, per le quali i credenti islamici hanno specifiche prescrizioni.
“Quando il diritto processuale applica tali prescrizioni ai non musulmani, quale sarebbe
la base giuridica per il procedimento penale?” chiede il professore. La giurisprudenza
ricorda il caso del 2006, in cui tre cristiani e alcuni musulmani furono coinvolti
in un incidente di gioco d'azzardo e condotti davanti alla Corte della Sharia a Banda
Aceh. Il giudice allora dichiarò “non perseguibili” i cristiani davanti a quella Corte,
stabilendo che il tribunale islamico non aveva alcuna giurisdizione o autorità a procedere
verso di loro, in quanto essi non aderivano all’islam (potevano invece essere perseguiti
davanti a un tribunale civile per disturbo dell'ordine pubblico).
Anche secondo
il giurista islamico Jamil Ibrahim, vice presidente della Corte islamica di Aceh,
il nuovo codice deve applicarsi esclusivamente ai musulmani: se i credenti non islamici
non danno il loro pubblico e aperto consenso, infatti, sono al di fuori della competenza
della Corte. Secondo Faisal Ali, leader musulmano e rappresentante della “Aceh Clerics
Association”, l’introduzione del nuovo Codice penale della Sharia è stata “una manovra
politica in vista delle elezioni di quest’anno e riflette una scarsa comprensione
della religione e la legge”.
In una nota inviata a Fides, Zulfikar Muhammad,
coordinatore della “Aceh Human Rights Coalition”, che accoglie circa 30 Ong che difendono
i diritti umani, deplora che i legislatori locali abbiano inserito la controversa
clausola cercando di sottoporre anche i non musulmani alla sharia: “E’ un forma di
discriminazione nei confronti dei non musulmani” afferma, notando una violazione della
libertà religiosa e riferendo di aver inviato una richiesta al Ministero dell'Interno
per annullare la clausola. Se il Ministero dovesse invece confermarla, le Ong sono
pronte a intentare un ricorso alla Corte Suprema.
L'introduzione della Sharia
nella provincia di Aceh fu autorizzata dal governo centrale nel 2001 come parte di
una “speciale autonomia” volta a porre fine ad un lungo conflitto separatista. (R.P.)