Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono Santi. Papa Francesco: non hanno avuto paura
di chinarsi sulle piaghe di Gesù
Due Papi Santi, due Papi concelebranti. In queste sei parole è racchiusa tutta la
straordinarietà di una giornata storica per la Chiesa, una festa della fede e della
speranza per l’umanità. Fin dalle prime ore dell’alba, una moltitudine di fedeli –
almeno 800 mila persone – si è radunata in Piazza San Pietro, in via della Conciliazione,
nelle zone adiacenti fin oltre Castel S. Angelo per la Messa di Canonizzazione di
Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, presieduta da Papa Francesco. Oltre 800 i concelebranti,
tra questi – evento senza precedenti – il Papa emerito Benedetto XVI, accolto da un
lungo applauso al suo ingresso sul Sagrato. Nell’omelia, Francesco ha sottolineato
che sono proprio i “santi che fanno crescere la Chiesa”. Quindi, nella Domenica intitolata
da Papa Wojtyla alla Divina Misericordia, il vescovo di Roma ha affermato che i due
nuovi Santi non hanno avuto paura di chinarsi sulle piaghe di Gesù, quelle ferite
che sono “il segno permanente dell’amore di Dio per noi”. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
Santi! Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo II sono Santi. L’invocazione che generazioni di fedeli hanno
atteso di pronunciare, sussurrandola nel chiostro del proprio cuore, è diventata annuncio
corale di gioia per la Chiesa e per il mondo intero. E’ questo annuncio, levato da
Papa Francesco in Piazza San Pietro, che una moltitudine di fedeli è venuta ad ascoltare
a Roma e che è risuonato come un’eco di piazza in piazza, di strada in strada, arrivando
alle orecchie e ancor più al cuore del Popolo di Dio. E’ l’annuncio che la santità
è possibile, la santità è necessaria perché la Chiesa continui a camminare nella storia
testimoniando la gioia del Risorto. Una gioia luminosa che si poteva leggere sul volto
delle persone, che hanno percorso lunghi tragitti, sopportato la stanchezza, sfidato
il maltempo per ridire, ancora una volta, “grazie” ai loro pastori – Angelo e Karol
– che ora possono pregare come Santi.
Proprio con la Litania dei Santi, intonata
dal Coro della Cappella Sistina, è iniziata la celebrazione in un clima di raccoglimento
intenso, commosso, contraddistinto da un silenzio quasi irreale che ha accompagnato
il rito di Canonizzazione. Rito suggestivo, in latino, che ha visto il cardinale prefetto
della Congregazione delle Cause dei Santi, Angelo Amato, rivolgere per tre volte al
Santo Padre la petizione per l’iscrizione nell’Albo dei Santi di Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II. Quindi, il momento atteso con trepidante emozione, la formula di
Canonizzazione:
“… Beatos Ioannem XXIII et Ioannem Paulum II Sanctos esse
decernimus et definimus, ac Sanctorum Catalogo adscribimus…”
"Dichiariamo
e definiamo Santi i Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II e li iscriviamo nell'Albo
dei Santi", le parole di Papa Francesco che, un istante dopo essere uscite dalle sue
labbra sono entrate nella storia. I fedeli hanno come abbracciato l’Amen intonato
dal Coro con un lungo applauso, alzando lo sguardo verso i grandi arazzi con l’immagine
dei due Papi Santi, quasi in un rinnovato dialogo con quei Pastori che, in questa
Piazza, hanno accarezzato bambini, abbracciato malati, stretto mani; che in questa
Piazza tante volte hanno benedetto il proprio gregge e ora continuano a farlo dal
cielo. Il rito della Canonizzazione ha vissuto quindi un altro momento toccante con
la collocazione delle reliquie dei due nuovi Santi, accanto all’altare. Il reliquario
di San Giovanni Paolo II è stato portato dalla miracolata Floribeth Mora Diaz, accompagnata
dalla sua famiglia. Quello di San Giovanni XXIII dai quattro nipoti, dal sindaco di
Sotto il Monte, e dal presidente della Fondazione dedicata a Papa Roncalli.
E’
stata dunque la volta della lettura del Vangelo, in latino e in greco, a ribadire
che nessuna lingua è estranea all’amore di Dio, così come nessuno era estraneo al
cuore di Angelo Roncalli e a quello di Karol Wojtyla. Un Vangelo, quello nella Domenica
che conclude l’Ottava di Pasqua, che – ha detto il Papa all’inizio della sua omelia
– è incentrato “sulle piaghe gloriose di Gesù risorto”. Quelle ferite che Tommaso
ha voluto vedere, ha voluto toccare per credere. Le piaghe di Gesù, ha commentato
Francesco, “sono scandalo per la fede, ma sono anche la verifica della fede”. Per
questo, ha detto, “nel corpo di Cristo risorto le piaghe non scompaiono, rimangono,
perché quelle piaghe sono il segno permanente dell’amore di Dio per noi”. Quelle piaghe,
ha ripreso, “sono indispensabili per credere in Dio. Non per credere che Dio esiste,
ma per credere che Dio è amore, misericordia, fedeltà”:
“San Giovanni XXIII
e San Giovanni Paolo II hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di
toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della
carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto
vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente
vedevano Gesù. Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito
Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della
sua misericordia”.
“Sono stati sacerdoti, vescovi e papi del XX
secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie – ha detto Papa Francesco – ma non ne sono
stati sopraffatti”:
“Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede
in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la
misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza
materna di Maria”. “In questi due uomini contemplativi delle piaghe
di Cristo e testimoni della sua misericordia – ha soggiunto – dimorava una speranza
viva, insieme con una gioia indicibile e gloriosa”:
“La speranza
e la gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno
può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della
spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino
alla nausea per l’amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che
i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato
in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza”.
Proprio
“questa speranza e questa gioia – è stata la sua riflessione – si respiravano nella
prima comunità dei credenti, a Gerusalemme”. E’ una comunità, ha evidenziato, “in
cui si vive l’essenziale del Vangelo, vale a dire l’amore, la misericordia, in semplicità
e fraternità”. E questa, ha proseguito, “è l’immagine di Chiesa che il Concilio Vaticano
II ha tenuto davanti a sé”. San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II, ha affermato,
“hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo
la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei
secoli”:
“Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti
e fanno crescere la Chiesa. Nella convocazione del Concilio Giovanni XXIII ha dimostrato
una delicata docilità allo Spirito Santo, si è lasciato condurre ed è stato per la
Chiesa un pastore, una guida-guidata. Questo è stato il suo grande servizio alla Chiesa;
per questo a me piace pensarlo come il Papa della docilità allo Spirito
Santo”.
“In questo servizio al Popolo di Dio – ha soggiunto
– San Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia”.
“Così lui stesso,
una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia.
Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e
con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene”.
“Che entrambi questi nuovi santi Pastori del Popolo di Dio – è stata l’invocazione
di Papa Francesco – intercedano per la Chiesa affinché, durante questi due anni di
cammino sinodale, sia docile allo Spirito Santo nel servizio pastorale alla famiglia”:
“Che entrambi ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo,
ad addentrarci nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona,
perché sempre ama”.