Canonizzazione di Giovanni XXIII, il card. Capovilla: ero accanto a un uomo guidato
da Dio
Papa Francesco ha voluto canonizzare Giovanni XXIII senza bisogno di certificare il
secondo miracolo attribuito alla sua intercessione. Sui motivi di questa decisione
Fabio Colagrande ha sentito il cardinale Loris Francesco Capovilla,
per oltre un decennio segretario personale di Angelo Giuseppe Roncalli:
R. – Non posso
entrare nelle intenzioni del Santo Padre. So che il Santo Padre vuole riprendere il
discorso, non tanto – sembra a me – di Papa Giovanni, quanto quello della sua ispirazione,
venuta dall’alto, di convocare tutti i vescovi, tutte le Chiese particolari del mondo
intero, a trovarsi insieme ad ascoltare, a pregare, a riflettere e poi, in fraterna
carità, domandarsi che cosa dobbiamo fare, adesso, perché la gente del nostro tempo,
del secolo XXI, risponda di sì all’invito di Papa Benedetto XVI, che ha detto: “Il
Concilio è la stella polare del XXI secolo”. Non ha detto di quest’anno o di domani
o dopodomani, ma del XXI secolo. Non è, però, il cammino di un evento solo, è il cammino
di tutto il messaggio di Gesù: “Evangelii Gaudium”, la gioia del Vangelo. Io non trovo
niente di eccezionale in tutto questo. La Chiesa è una mamma, è la madre, giudica
i suoi figli. Se crede, nel corso dei secoli, di proporre questo o quello, uomo o
donna, all’attenzione e all’imitazione di tutti i cristiani, lo fa liberamente – va
bene – lo fa anche portata dallo Spirito di Dio, lo Spirito Santo, che illumina il
cammino della Chiesa. Papa Francesco ci accosta, ciascuno di noi, direi, come mamma,
come papà; ci prende per mano; non ci costringe a camminare con lui; ci convince;
non ci porta un messaggio suo, portato dalla sua cultura, grande, di gesuita, o dalle
esperienze della sua gloriosa e grande terra argentina: viene in nome di Gesù e parla
solo di Gesù.
D. – Lei ha scritto che Papa Giovanni il Buono non suscita nostalgia,
ma stimola a guardare avanti, cosa intendeva?
R. – Intendo dire che noi non
siamo custodi di un santuario, di un reliquiario, di un museo – è Papa Giovanni che
l’ha detto – siamo chiamati a custodire un giardino, dove ci sono i semi del Verbo,
del Verbo incarnato; a coltivare un giardino e a favorire l’avvento di una nuova Pentecoste,
di una nuova Pasqua, di una nuova primavera, e non semplicemente per la gioia di ciascuno
di noi, ma per tutta l’umanità. Siamo in cammino, non siamo arrivati alla meta. La
strada da percorrere è ancora lunga. Abbiamo capito che abbiamo un tesoro, non solo
da custodire, ma da offrire al mondo intero. Evangelii Gaudium: il Vangelo è la bella
notizia. Cos’è questa bella notizia? E’ che sono figlio di Dio e Dio non mi abbandona.
Quanto è bello sentire il Papa che ogni giorno, quasi ogni giorno, dice: “Gesù non
respinge nessuno, aspetta tutti”.
D. – Lei come descriverebbe i dieci anni
che ha trascorso con Papa Giovanni come collaboratore?
R. – No, io non sono
stato il collaboratore di Papa Giovanni, ma un piccolo “servitorello”, come tanti
altri, che hanno visto in lui l’uomo mandato da Dio. Non mi sono mai sentito né collaboratore
né segretario, peggio che peggio suggeritore, sarebbe a mio avviso uno scandalo. Sento
tutta la gioia di essere stato accanto ad un uomo, che era sicuramente guidato da
Dio, ecco, e ha gettato dei semi. Non ha potuto realizzare in pieno tutto quello che
era nella sua anima: ha lasciato dei semi.
D. – Che cosa rappresenterà per
lei la giornata del 27 aprile?
R. – Un giorno del calendario, perché tutti
i giorni del calendario cristiano si chiamano ferie, feste. Sempre festa. Per chi
crede è sempre festa, è sempre Pasqua, è sempre risurrezione. Soltanto guardare e
volgere gli occhi al cielo, oppure toccarsi il petto dopo avere ricevuto la Santissima
Eucaristia, è già un grande dono, è già un grande tesoro, è già un grande mistero
di grazia e di luce. E’ sempre festa per noi!