2014-04-25 07:46:00

Preoccupazione da Onu ed Ue per la crisi in Ucraina. 7 filorussi uccisi nell’est


Sempre più calda la situazione in Ucraina. Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è “profondamente preoccupato” per le continue violenze nella parte orientale del Paese. Ieri almeno 7 filorussi sono morti in scontri con i militari di Kiev. E mentre Mosca prosegue con le esercitazioni al confine russo-ucraino, il presidente Usa Obama torna a puntare il dito contro il Cremlino. Massimiliano Menichetti:

La Russia ha 48 ore di tempo per dare spiegazioni sulle manovre al confine con l’Ucraina. Lo chiede Kiev basandosi sugli accordi raggiunti nel quadro dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Intanto nella repressione militare di Kiev, nell’est del Paese, secondo fonti di stampa, almeno sette separatiti filo-russi sono morti. Nazioni Unite ed Europa continuano ad esprimente “preoccupazione” per quanto sta accadendo e il presidente Usa Obama è tornato a puntare il dito contro Mosca responsabile, secondo il Capo della Casa Bianca, di non scoraggiare i secessionisti e l’occupazione degli edifici pubblici nella parte orientale dell’Ucraina. In questo scenario sembrano naufragati gli accordi di Ginevra del 17 aprile scorso tra Usa, Russia, Ue e Kiev. E il segretario Usa Kerry accusa di questo Mosca. Sul fronte economico comunque è prevista per il 30 aprile una decisione finale del Fondo Monetario Internazionale circa un piano di aiuti per l'Ucraina. Si attende uno stanziamento tra i 14 e i 18 miliardi di dollari, nell'arco di due anni, in modo da aiutare il Paese a risanare l'economia. L’intervento fa parte di un piano di aiuti di oltre 27 miliardi di dollari, annunciato il 28 marzo da Stati Uniti e Unione Europea.

 

Sulla tenuta degli accordi di Ginevra abbiamo intervistato Nicolò Sartori ricercatore dell’Istituto Affari Internazionali:


R. – Degli accordi di Ginevra resta ben poco, perché i primi due punti parlavano di evitare ogni violenza e intimidazione o atti provocatori, mentre il secondo parlava di disarmare tutti i gruppi e di liberare gli uffici occupati illegalmente. Quindi, gli ultimi eventi ci dimostrano che non è stato rispettato: addirittura, l’Ucraina sembra aver riattivato le sue misure antiterrorismo che avevano preceduto gli accordi, per cui diciamo che gli accordi – in sostanza – seppur non in modo dichiarato sono sostanzialmente falliti.

D. – Da una parte, le tensioni sul terreno, dall’altra questo conflitto si sta combattendo anche sul gas …

R. – E’ estremamente rilevante perché la Russia in generale fornisce circa il 30% del gas consumato in Europa e 80 miliardi di questo gas – quindi il 15% dei consumi europei – passano proprio attraverso il territorio ucraino.

D. – Ma il fatto che l’Ucraina non stia pagando i contratti di fornitura alla Russia, può avere delle ricadute?

R. – Purtroppo può avere ricadute significative perché, come è successo nel 2009, spingerà – come ha già annunciato Putin in una lettera ai governi europei consumatori di gas – la Russia a bloccare le forniture verso l’Ucraina. Ciò direttamente non significa che bloccherà le forniture verso l’Europa, però se dovesse succedere come nel 2009 che, per far fronte a mancate risorse energetiche interne l’Ucraina dovesse prendere parte di queste risorse destinate all’Europa e utilizzarle per il suo mercato interno, la Russia si troverà ancora una volta, come nel 2009, costretta a bloccare anche le forniture verso l’Europa, con un impatto ovviamente significativo per tutti i consumi europei.

D. – Si ipotizza la data del 28 aprile proprio per un trilaterale – Unione Europea, Russia e Ucraina – proprio sul gas …

R. – Sinceramente, è difficile capire quali possano essere le aspettative, perché c’è un grosso interesse alla stabilizzazione dell’Ucraina. Noi abbiamo parlato della dipendenza europea dalla Russia; c’è anche da dire che la Russia è estremamente dipendente dalle esportazioni, dalle rendite che ha dalle esportazioni di gas verso l’Europa. Per cui, in teoria non c’è un grosso interesse russo ad andare a una rottura totale.

D. – Ma il fatto che gli Stati Uniti abbiano rassicurato l’Europa nell’ambito delle forniture energetiche, rende l’Europa più forte?

R. – Personalmente, non lo ritengo così per due semplici motivi. Uno: gli Stati Uniti hanno rassicurato, però in un quadro di accordi di libero scambio tra Unione Europea e Stato Uniti. Obama ha detto chiaramente che senza questo accordo, i volumi di gas americani andranno sul mercato internazionale e non ci sarà una preferenza europea. Un altro elemento estremamente importante è che la capacità di esportare degli Stati Uniti al momento non è reale, per cui non ci sono ancora i volumi esportabili.

D. – Che vuol dire “non è reale”?

R. – Che praticamente non ha surplus tale da esportare. Ci sarà tra qualche anno, questa capacità di export. E anche a livello di infrastrutture vere e proprie, per cui i famosi “degassifica tori” e “rigassificatori” americani non sono ancora pronti. Quindi è una promessa sicuramente di medio periodo, che però non va incontro alle necessità europee, che sono comunque estremamente più attuali.

D. – Ma secondo lei, quanto incide dunque la leva economica nella risoluzione di questa tensione che c’è in Ucraina?

R. – Ero convinto, all’inizio, che potesse incidere molto. Probabilmente anche per una mancata risolutezza dal punto di vista europeo nell’immediato scoppio della crisi, la dimensione economica ha lasciato il campo ad una dimensione più politica. Ad oggi, la leva economica sembra essere quasi in secondo piano, trascinata dagli eventi che probabilmente nessuno si aspettava andassero così “oltre”.

(Tratto dall'archivio di radiovaticana.va)








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