Card. Dziwisz: Giovanni Paolo II perdonò l'attentatore. Capovilla: Giovanni XXIII,
Santo come un bimbo
“I due Papi Santi visti da chi è stato loro accanto”. È il tema del briefing in preparazione
alle canonizzazioni di domenica, che si è tenuto ieri pomeriggio al Media Center allestito
nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Sono intervenuti il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo
di Cracovia, segretario particolare di Giovanni Paolo II, e in collegamento da Sotto
il Monte il cardinale Loris Capovilla, segretario particolare di Giovanni XXIII. Presenti
anche don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo, e il direttore
della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Il servizio di Giada
Aquilino:
“Ho vissuto
con un Santo”. Con queste parole il cardinale Stanisław Dziwisz ha introdotto i suoi
39 anni accanto a Karol Wojtyla. La preghiera, la sofferenza, l’ascolto degli altri,
ma anche il rapporto privilegiato con i malati, i poveri e i giovani: ecco la santità
di Giovanni Paolo II. Prima di tutto la preghiera costante:
“Lui pregava
con la sua vita. Non si poteva dividere la preghiera dal lavoro. Tutta la sua vita
era una preghiera. E anche tutto ciò che faceva passava per la preghiera. Per chi
pregava? Diversi parlano della preghiera geografica, cioè passava ogni giorno Paese
dopo Paese, Nazione dopo Nazione. E pregava per diverse cose: per la pace, per la
giustizia, per il rispetto delle persone, per il rispetto dei diritti umani e anche
pregava per le persone concrete”.
Tutta la sua vita, poi, è stata segnata
dalla sofferenza: dapprima la perdita della madre e del fratello, più tardi, il 13
maggio 1981, l’attentato in Piazza San Pietro:
“Sono stato dentro l’ambulanza
con lui. Quando ancora era cosciente pregava – sottovoce, ma si sentiva - per l’attentatore.
Non sapeva chi era, ma già l'aveva perdonato. E ha offerto questa sofferenza per la
Chiesa, per il mondo”.
Non a caso Giovanni Paolo II è sempre stato accanto
ai malati e ai più poveri. Come quando a San Francisco abbracciò quel bambino malato
di Aids che nessuno voleva toccare o come nei suoi tanti viaggi all’estero:
“Viaggiava
tanto in Africa, o in Asia, soprattutto nei Paesi poveri. Per gridare, per dare voce
alla gente che soffriva per la povertà e anche per gridare verso i ricchi del mondo
affinché cambiassero comportamento verso i Paesi bisognosi di aiuto”.
Quindi,
l’ascolto degli altri, senza distinzioni:
“Non significa che condivideva
tutto quello che sentiva, ma rispettava la persona e non solamente i cristiani, ma
anche i non credenti, i non cristiani, gli ebrei, i musulmani: un grande rispetto.
Per questo era leader religioso per tutti. Ha combattuto tutti i muri. Penso che qui
ha aperto la Chiesa al mondo e ha avvicinato il mondo alla Chiesa”.
In
Vaticano, con l’aiuto di Madre Teresa, Papa Wojtyla ha creato un centro per i meno
fortunati e ha voluto un convento contemplativo, dove ora risiede il Papa emerito
Benedetto XVI. Infine, ma non ultimo, il cardinale Dziwisz ha menzionato il rapporto
speciale coi giovani:
“Un rapporto di amicizia con i giovani, amicizia con
la gente. Lui fin dall'inizio ha capito che i giovani domandano, sono sensibili, che
bisogna accompagnarli, dar loro risposte”.
A ricordare Giovanni XXIII è
stato invece, nelle parole dello stesso cardinale Loris Capovilla, un “vecchio prete”,
“commosso, confuso e intimidito”. Ai bambini, anche musulmani, che vanno in visita
a Sotto il Monte, il porporato – ha detto – parla di quando a oltre 81 anni Angelo
Roncalli morì. A ogni piccolo, ripete:
“Non ho visto morire un vecchio uomo
di 81 anni e 6 mesi, ho visto morire un bambino, perché aveva gli occhi splendidi
come i tuoi, che hanno il fulgore delle acque battesimali, e aveva il sorriso sulle
labbra, come il tuo, che è la bontà che sale dal profondo del cuore”.
Perché
il Santo, ha ricordato il porporato citando Georges Bernanos, “è colui che non è mai
uscito dall'infanzia”. Così si può parlare di Giovanni XXIII, così si può parlare
di Giovanni Paolo II:
“La definizione di Papa Giovanni è due occhi e un
sorriso. L'innocenza e la bontà. Lo dico anche per Giovanni Paolo II”.
Il
cardinale Capovilla ha dunque voluto sottolineare anche la grandezza di Karol Wojtyla,
“presso il quale altare - ha aggiunto - io mi inginocchio con tutti i suoi fratelli
e figli della Polonia e del mondo intero”. Quindi l'importanza del Concilio Vaticano
II:
“Tutto il mondo sembra essere in questi giorni unificato. E prendo
occasione per dire che ringrazio vivamente tutta la stampa internazionale. Questi
eventi: prima la celebrazione del cinquantennale dell'11 ottobre 1962, Gaudet
Mater Ecclesia, poi l'Enciclica Pacem in terris. A
tal proposito, Giovanni Paolo II ha detto: impegno permanente dell'umanità. Poi il
testamento di Giovanni Paolo II che ha detto a tutti noi - dopo 27 anni di pontificato,
dopo aver percorso tutte le vie del mondo, aver parlato, catechizzato, evangelizzato
il grande evento, che lui stesso ha chiamato il più grande evento religioso e storico
del secolo XX - quella parola che lascia un po' tutti trepidanti: raccomando a chi
verrà dopo di me di continuare a scavare...”.
Infine l’immagine più commovente.
La vicinanza del mondo intero e del popolo di Roma a Giovanni XXIII morente, il 3
giugno 1963:
“Io dissi a lui: 'Santo Padre, qui siamo alcune poche persone
nella camera, ma se vedeste la Piazza...'. Credevo che – riservato com'era e contrario
ai complimenti - mi dicesse: 'Lascia perdere'! Invece mi disse: ‘E' naturale che sia
così, muore il Papa. Io li amo! Loro mi amano!’”.