2014-04-25 19:24:17

Card. Dziwisz: Giovanni Paolo II perdonò l'attentatore. Capovilla: Giovanni XXIII, Santo come un bimbo


“I due Papi Santi visti da chi è stato loro accanto”. È il tema del briefing in preparazione alle canonizzazioni di domenica, che si è tenuto ieri pomeriggio al Media Center allestito nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Sono intervenuti il cardinale Stanisław Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, segretario particolare di Giovanni Paolo II, e in collegamento da Sotto il Monte il cardinale Loris Capovilla, segretario particolare di Giovanni XXIII. Presenti anche don Ezio Bolis, direttore della Fondazione Giovanni XXIII di Bergamo, e il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Il servizio di Giada Aquilino:RealAudioMP3

“Ho vissuto con un Santo”. Con queste parole il cardinale Stanisław Dziwisz ha introdotto i suoi 39 anni accanto a Karol Wojtyla. La preghiera, la sofferenza, l’ascolto degli altri, ma anche il rapporto privilegiato con i malati, i poveri e i giovani: ecco la santità di Giovanni Paolo II. Prima di tutto la preghiera costante:

“Lui pregava con la sua vita. Non si poteva dividere la preghiera dal lavoro. Tutta la sua vita era una preghiera. E anche tutto ciò che faceva passava per la preghiera. Per chi pregava? Diversi parlano della preghiera geografica, cioè passava ogni giorno Paese dopo Paese, Nazione dopo Nazione. E pregava per diverse cose: per la pace, per la giustizia, per il rispetto delle persone, per il rispetto dei diritti umani e anche pregava per le persone concrete”.

Tutta la sua vita, poi, è stata segnata dalla sofferenza: dapprima la perdita della madre e del fratello, più tardi, il 13 maggio 1981, l’attentato in Piazza San Pietro:

“Sono stato dentro l’ambulanza con lui. Quando ancora era cosciente pregava – sottovoce, ma si sentiva - per l’attentatore. Non sapeva chi era, ma già l'aveva perdonato. E ha offerto questa sofferenza per la Chiesa, per il mondo”.

Non a caso Giovanni Paolo II è sempre stato accanto ai malati e ai più poveri. Come quando a San Francisco abbracciò quel bambino malato di Aids che nessuno voleva toccare o come nei suoi tanti viaggi all’estero:

“Viaggiava tanto in Africa, o in Asia, soprattutto nei Paesi poveri. Per gridare, per dare voce alla gente che soffriva per la povertà e anche per gridare verso i ricchi del mondo affinché cambiassero comportamento verso i Paesi bisognosi di aiuto”.

Quindi, l’ascolto degli altri, senza distinzioni:

“Non significa che condivideva tutto quello che sentiva, ma rispettava la persona e non solamente i cristiani, ma anche i non credenti, i non cristiani, gli ebrei, i musulmani: un grande rispetto. Per questo era leader religioso per tutti. Ha combattuto tutti i muri. Penso che qui ha aperto la Chiesa al mondo e ha avvicinato il mondo alla Chiesa”.

In Vaticano, con l’aiuto di Madre Teresa, Papa Wojtyla ha creato un centro per i meno fortunati e ha voluto un convento contemplativo, dove ora risiede il Papa emerito Benedetto XVI. Infine, ma non ultimo, il cardinale Dziwisz ha menzionato il rapporto speciale coi giovani:

“Un rapporto di amicizia con i giovani, amicizia con la gente. Lui fin dall'inizio ha capito che i giovani domandano, sono sensibili, che bisogna accompagnarli, dar loro risposte”.

A ricordare Giovanni XXIII è stato invece, nelle parole dello stesso cardinale Loris Capovilla, un “vecchio prete”, “commosso, confuso e intimidito”. Ai bambini, anche musulmani, che vanno in visita a Sotto il Monte, il porporato – ha detto – parla di quando a oltre 81 anni Angelo Roncalli morì. A ogni piccolo, ripete:

“Non ho visto morire un vecchio uomo di 81 anni e 6 mesi, ho visto morire un bambino, perché aveva gli occhi splendidi come i tuoi, che hanno il fulgore delle acque battesimali, e aveva il sorriso sulle labbra, come il tuo, che è la bontà che sale dal profondo del cuore”.

Perché il Santo, ha ricordato il porporato citando Georges Bernanos, “è colui che non è mai uscito dall'infanzia”. Così si può parlare di Giovanni XXIII, così si può parlare di Giovanni Paolo II:

“La definizione di Papa Giovanni è due occhi e un sorriso. L'innocenza e la bontà. Lo dico anche per Giovanni Paolo II”.

Il cardinale Capovilla ha dunque voluto sottolineare anche la grandezza di Karol Wojtyla, “presso il quale altare - ha aggiunto - io mi inginocchio con tutti i suoi fratelli e figli della Polonia e del mondo intero”. Quindi l'importanza del Concilio Vaticano II:

“Tutto il mondo sembra essere in questi giorni unificato. E prendo occasione per dire che ringrazio vivamente tutta la stampa internazionale. Questi eventi: prima la celebrazione del cinquantennale dell'11 ottobre 1962, Gaudet Mater Ecclesia, poi l'Enciclica Pacem in terris. A tal proposito, Giovanni Paolo II ha detto: impegno permanente dell'umanità. Poi il testamento di Giovanni Paolo II che ha detto a tutti noi - dopo 27 anni di pontificato, dopo aver percorso tutte le vie del mondo, aver parlato, catechizzato, evangelizzato il grande evento, che lui stesso ha chiamato il più grande evento religioso e storico del secolo XX - quella parola che lascia un po' tutti trepidanti: raccomando a chi verrà dopo di me di continuare a scavare...”.

Infine l’immagine più commovente. La vicinanza del mondo intero e del popolo di Roma a Giovanni XXIII morente, il 3 giugno 1963:

“Io dissi a lui: 'Santo Padre, qui siamo alcune poche persone nella camera, ma se vedeste la Piazza...'. Credevo che – riservato com'era e contrario ai complimenti - mi dicesse: 'Lascia perdere'! Invece mi disse: ‘E' naturale che sia così, muore il Papa. Io li amo! Loro mi amano!’”.







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