Mons. Frisina: la vita di Karol Wojtyla scolpita da Dio come un’opera d’arte
Le sue opere musicali, in particolare l’inno “Jesus Christ You’re my life”, sono state
in qualche modo la colonna sonora dello straordinario Pontificato di Giovanni Paolo
II. Per questo, mons. Marco Frisina – da 30 anni direttore del Coro della diocesi
di Roma, da lui fondato – vive con particolare emozione l’imminente Canonizzazione
di Karol Wojtyla. Alessandro Gisotti ha chiesto a mons. Frisina di soffermarsi
sul binomio arte-fede nel futuro Santo:
R. – Sono momenti
di grande emozione. Io ricordo alla Beatificazione, l’emozione era tantissima perché
avere avuto la grazia di stare accanto ad un santo, e soprattutto di avere avuto l’ispirazione
da parte di un santo perché devo dire che Giovanni Paolo II sapeva trasmetterci anche
suggestioni non solo spirituali, ma anche poetiche: nelle sue parole, nelle frasi,
a volte anche gli stessi suoi documenti, le encicliche, per me erano fonte di ispirazione
– e lo sono ancora. Infatti, certe immagini che lui ci donava e che noi ormai siamo
anche abituati a pensare, come “Aprite le porte a Cristo”, oppure dire ai giovani:
“Voi siete le sentinelle del mattino” … Ci sono tante cose che io da musicista e da
prete insieme ho sempre vissuto come un’ispirazione straordinaria.
D. – Gli
artisti forse si sentivano particolarmente compresi, anche perché di fronte avevano
un Papa che in qualche modo egli stesso era – era stato – artista, poeta, e poi attore
di teatro, grande amante della musica e della poesia … Ecco, questo è un rapporto
che effettivamente aveva una sua unicità …
R. – Sì, era unico. Ma io credo
che quello che mi ha insegnato Giovanni Paolo II, tra le tantissime cose che ci ha
donato, credo che ci sia anche quella di vedere l’arte non come fine a se stessa,
ma l’arte come uno strumento di evangelizzazione. Una cosa che mi ha fatto capire
profondamente, che mi è rimasta proprio nelle ossa: ho capito sempre di più, proprio
grazie a volte anche al suo aiuto, ad alcune frasi che mi ha detto – che ha detto
a tutti – capire che le arti sono un dono di Dio, che se vengono usate per l’evangelizzazione
sono uno strumento potentissimo, sono uno strumento universale perché parlano attraverso
il cuore dell’uomo, ma parlano di Dio: perché in fondo al cuore dell’uomo, Dio parla.
E l’arte tira fuori questa voce come un’eco profonda, e fare un’opera musicale o un’opera
poetica o visuale, non è diverso che fare un’omelia efficace.
D. – Musical,
film, canzoni: a nove anni dalla morte, Karol Wojtyla continua ad essere ricantato,
ridisegnato, riproposto sui palcoscenici, dimostra in qualche modo anche il fascino
della santità, il fascino di Karol Wojtyla che, veramente, passano gli anni e invece
di smorzarsi, questa attenzione, passa di generazione in generazione …
R. –
E’ vero: è vero. Io ricordo la sua prima enciclica, la “Redemptor Hominis”: l’intuizione
grande che Papa Wojtyla ha avuto è stata proprio quella di tradurre la sua vita, una
vita fatta di tante cose, anche di tante esperienze artistiche, tradurla con un’eloquenza
universale forte, che ancora si sente. Cioè, è la vita di Giovanni Paolo II che parla,
che canta, che dice, come tutte le vite dei Santi. Io credo che il Signore scolpisca
i santi, veramente – per usare un’espressione propria di Giovanni Paolo II – come
un’opera d’arte perché noi possiamo vedere in loro sempre la forza dello Spirito,
la bellezza del Vangelo … E quindi, è evidente che una vita come quella di Giovanni
Paolo II ispiri, affascini, attragga, dia la voglia di cantarla, la voglia di rappresentarla
proprio perché la sentiamo: ciascuno la sente sua …