2014-04-24 11:58:00

A Milano, arte antica e moderna per indagare il trascendente


“Oltre. Le soglie dell’invisibile”: è il titolo della mostra in corso a Milano fino al 29 giugno, negli spazi espositivi delle Gallerie d’Italia-Piazza Scala, della Galleria San Fedele e della chiesa di San Fedele. Il servizio di Giada Aquilino:

Un’esposizione pensata per indagare il tema del trascendente attraverso un percorso che pone in dialogo l’arte di varie epoche e connotazioni culturali. È “Oltre. Le soglie dell’invisibile”, curata da padre Andrea Dall’Asta e Francesco Tedeschi e organizzata da Fondazione Culturale San Fedele e Intesa Sanpaolo. Quarantadue le opere in mostra, di cui due ideate appositamente per il progetto da Hidetoshi Nagasawa e Claudio Parmiggiani. Ascoltiamo il padre gesuita Andrea Dall’Asta, direttore della Galleria San Fedele:

R. – Si tratta di opere molto diverse fra loro sia per genere, sia per epoca, nel senso che vanno dal Medioevo fino all’arte contemporanea, fino a opere appositamente commissionate agli artisti. Sono 42 opere. Gli artisti sono Hidetoshi Nagasawa, Ettore Spalletti, Mimmo Paladino, Lucio Fontana, Claudio Parmiggiani. Ci sono opere antiche come per esempio ex voto, che vanno dal ’400 al ’900, ma anche due splendide tavole, fondi oro, di scuola riminese e di scuola toscana, del XIV secolo.

D. - L’esposizione è pensata per indagare il tema del trascendente. Cosa vuol dire oggi?

R. – La mostra si chiama “Oltre. Le soglie dell’invisibile”. E’ pensata per indagare il tema del trascendente attraverso la dimensione della soglia. Molto spesso siamo abituati a considerare la dimensione ‘orizzontale’ dell’uomo, una dimensione puramente terrena. Al contrario, la mostra vuole indagare la dimensione umana secondo la quale l’uomo riesce a sollevare il proprio sguardo verso l’altro e l’alto, attraverso una serie di modalità. Per esempio, con Mimmo Paladino, abbiamo una serie di splendidi ex voto. In questo caso il divino si caratterizza come la possibilità dell’uomo di rivolgersi verso un divino che è un ‘tu personale’: l’uomo di fronte alle dimensioni, ai drammi, alle sofferenze dell’esistenza si rivolge a Dio nella richiesta di una grazia. Ma divino è anche, per esempio, l’accostamento di splendide icone russe di epoca medievale e rinascimentale con opere di Lucio Fontana: con “La fine di Dio”, l’artista esplora, attraverso gli squarci sulla tela, la possibilità di attraversare la pelle del mondo per raggiungere il divino, attraverso l’oltre della tela, in modo tale che l’oltre della tela possa raggiungere il ‘qui e ora’ della vita dell’uomo.

D. - Questo dialogo tra arte antica e arte contemporanea cosa produce di fatto nel percorso espositivo?

R. – Produce una meditazione, una vera e propria riflessione sul senso ultimo dell’esistenza umana: come la vita dell’uomo cerchi nella propria esperienza la dimensione del trascendente. Questo è molto chiaro, per esempio, attraverso l’opera che Claudio Parmiggiani ha realizzato esplicitamente per la mostra, la “Corona di spine”, che è collocata nella chiesa di San Fedele sull’altare maggiore: riflette sul tema del volto di Cristo che per Parmiggiani si concentra nello strumento del suo supplizio e realizza così una “Corona di spine” che, al tempo stesso, è un ostensorio. Vuol dire che la corona, che è simbolo di regalità, di gloria, del divino, nel caso di Cristo è una corona di spine, vale a dire una corona nel suo contrario. E, nel contesto dell’altare maggiore, diventa il passaggio dalla morte alla vita, considerando che nella parte inferiore dell’altare sono conservate le reliquie di San Fedele e Carpoforo, quindi il luogo della testimonianza, del dono della propria vita fino alla morte. Attraverso il passaggio della “Corona di spine”, si giunge alla statua marmorea della Risurrezione, dalla morte alla vita: quindi una “Corona di spine” che da strumento di supplizio diventa un passaggio verso la gloria.

Per informazioni: www.gallerieditalia.it

(Tratto dall'archivio di radiovaticana.va)








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