Usa. La Corte suprema dice no a "quote razziali" nei college del Michigan
Sta facendo discutere negli Stati Uniti la decisione, presa a maggioranza, della Corte
suprema che ha detto “no” alle quote razziali tra i criteri di ammissione alle università
dello Stato del Michigan.Secondo alcuni movimenti per i diritti civili, questa scelta
rappresenta un indebolimento della difesa delle minoranze. Critica anche la stessa
giudice, Sonia Sotomayor, che ha espresso il suo dissenso in 59 pagine replicando
ai colleghi secondo i quali "il miglior modo per fermare le discriminazioni razziali
è proprio quello di dire basta alle discriminazioni sulla base della razza". Debora
Donnini ha intervistato Dennis Redmont, giornalista, dirigente del Consiglio
per le relazioni fra Italia e Stati Uniti:
R. – Nel 2006,
lo Stato del Michigan ha fatto un referendum dove ha deciso di terminare questa politica
della Affirmative Action. Ma non è stato il solo Stato. Ci sono stati altri
Stati come la California che hanno messo a fine questo programma che incoraggia la
diversità. Che cosa è successo? In Michigan, uno dei tribunali ha rovesciato (il risultato
- ndr) e la Corte suprema ha deciso nuovamente che non si doveva dare la precedenza
a queste “preferenze razziali”. I giudici si sono divisi dicendo che non si deve o
si deve continuare, a seconda delle ragioni di ciascuno.
D. – Pensa sia ancora
necessaria questa presenza delle quote razziali nelle università oppure in alcuni
Stati, come in Michigan, non serva più?
R. – In America questo è servito, ma
credo che il suo tempo sia ormai passato. Si dovrebbero però inserire dei meccanismi
che possano incoraggiare la diversità, perché si è visto che se la giustizia non interviene,
alcune istituzioni – soprattutto le università pubbliche – non privilegiano la diversità.
Per questo, alcune istituzioni in America, come per esempio le scuole di élite, le
accademie militari o altre, utilizzano ancora l’Affirmative Action. Questo
rappresenta, secondo me, un lento ritorno alla competitività pura e semplice. E in
America ormai con un presidente afroamericano è stato superato (questo problema -
ndr) e dimostrato che le considerazioni razziali siano molto meno importanti rispetto
a quelle degli Anni ’60-’70-’80-’90…
D. – È anche vero che, da un punto di
vista economico, nell’accesso ai college sono probabilmente favorite quelle persone
che non appartengono a gruppi di minoranza…
R. – Ha ragione. Il professore
Tushnet, un grande costituzionalista, dice che questa misura della Corte annulla i
diritti della minoranza ed è troppo favorevole ai bianchi. Per questo, alcuni meccanismi
devono ancora essere messi a punto, come ad esempio utilizzare borse di studio per
incoraggiare la diversità ma senza imporre le quote. Quindi, la mia impressione è
che con l’offerta di borse di studio o di incentivi si può ovviare il problema che
alcune classi meno abbienti non possano andare all’università.