Jakarta. Conferenza sui boat people: chiesto più impegno internazionale
Si è concluso ieri nella capitale indonesiana Jakarta, dopo due giorni di comunicazioni
e colloqui, il seminario internazionale sulla Protezione dei movimenti irregolari
di persone sul mare che ha raccolto e coordinato funzionari provenienti da 14 Paesi
(tra i quali Indonesia, Malesia, Iran, Bangladesh, Australia, Cambogia, Thailandia
Nuova Zelanda e Pakistan), oltre che di diverse organizzazione internazionali, incluse,
oltre all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), anche l’Organizzazione internazionale
delle migrazioni e l’Ufficio Onu per le droghe e il crimine (Unodc). Il fenomeno,
infatti - riferisce l'agenzia Misna - ha una molteplicità di ragioni e rotte e coinvolge
necessità, ma anche organizzazioni capillari e potenti. A questo proposito, ai delegati
gli organizzatori hanno chiesto di proseguire sulla via indicata dalla Dichiarazione
di Jakarta dell’agosto 2013 che ha al centro prevenzione, individuazione tempestiva
e repressione.
Per questo, l’evento ha segnalato ai partecipanti la necessità
di far proseguire le iniziative avviate, ma ancor più concretizzarne di nuove e di
più efficaci al fine di creare risposte standard a una vasta gamma di possibilità
d’intervento, in particolare nelle situazioni di emergenza.
Il seminario si
è tenuto in un tempo di rinnovata tensione tra Indonesia e Australia sulle modalità
con cui affrontare il flusso di irregolari in transito dal primo Paese per raggiungere
il secondo e chiedervi asilo in attesa di una ricollocazione. Un elemento centrale
ormai nei rapporti tra le due diplomazie. In concreto, il disaccordo sulle responsabilità
e sulle competenze che riguarda un flusso di persone in buona parte provenienti dal
Medio Oriente, ma sempre più anche da aree di conflitto dell’Africa orientale o settentrionale,
oltre che dal Sud-Est asiatico, che si imbarcano dalle coste indonesiane per l’ultimo
tratto verso un approdo australiano mentre Canberra ha ormai chiuso le porte a ogni
arrivo non regolamentato e attua una politica di detenzione in aree offshore per quanti
sono fermati, risulta in politiche altalenanti e pericolose per la sicurezza dei migranti.
(R.P.)