Hamas e Fatah: si lavora per un governo di unità palestinese
Un governo di unità nazionale "entro cinque settimane". E' l'accordo inter-palestinese
siglato tra Hamas e Fatah, riuniti assieme ad altre fazioni palestinesi nelle ultime
ore a Gaza. L’esecutivo dovrebbe essere presentato il prossimo primo giugno. Entro
sei mesi si svolgeranno le elezioni nei territori. Dura la reazione di Israele: chi
sceglie Hamas non vuole la pace, è stato il commento del premier israeliano Netanyahu
che per domani ha convocato il gabinetto di sicurezza. Nel pomeriggio, in un raid
israeliano su Gaza, tre palestinesi sono rimasti feriti. La frattura tra Fatah e Hamas
risale al 2007, quando – dopo mesi di scontri con le forze fedeli al presidente palestinese,
Mahmoud Abbas – il movimento islamista prese i controllo della Striscia di Gaza. Da
allora, l'esecutivo legato al presidente Abbas guida la Cisgiordania. Giada Aquilino
ha chiesto un commento a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni
internazionali all’Università di Firenze:
R. – Un accordo
che innanzitutto è politico, cioè la volontà di ricominciare a fare delle cose insieme.
E un’intesa tra le due principali componenti del mondo palestinese per presentarsi
insieme a discutere, e quindi firmare, un eventuale accordo di pace con Israele. Anche
perché Israele non può firmare un’intesa con un’Autorità palestinese della West Bank,
automaticamente dimezzata.
D. – Però Israele, con il premier Netanyahu, ha
già detto che il presidente palestinese deve scegliere tra la riconciliazione con
Hamas e la pace con lo Stato ebraico…
R. – In verità, Netanyahu non può dettare
la composizione dell’Autorità palestinese, esattamente come Abu Mazen non può dettare
la composizione del governo di Israele. Si discute con il proprio interlocutore, il
quale si forma secondo le proprie regole e le proprie necessità. Comunque, bisogna
aspettare poi i risultati concreti dell’intesa e i tempi della sua attuazione.
D.
– Un esecutivo palestinese avrebbe ora il compito, di fatto, di preparare le prossime
elezioni palestinesi. Come si presentano?
R. – Sono elezioni doppie, perché
devono eleggere – in quanto scaduti da un pezzo – sia il parlamento, sia il presidente
dell’Autorità palestinese. Immagino che poi debbano riformare leggi elettorali e quant’altro.
Soprattutto, questa sarebbe sia per il parlamento sia per la presidenza l’uscita di
scena della vecchia guardia, perché credo che Abu Mazen non si ripresenterà e con
lui andrebbe via la generazione dei tempi di Arafat.
D. – Finora, tutti i tentativi
per mettere fine alla frattura tra Hamas e Fatah sono falliti. Che prospettive ci
sono in questo momento?
R. – Concrete, perché quello che arriva dai palestinesi
un po’ ovunque, nei Territori ma anche forse da fuori, è la volontà di una unità nazionale
che porti passi piccoli, ma concreti e comunque unitari.
D. – E a questo punto,
che prospettive ci sono per i negoziati con gli israeliani?
R. – Tutto dipende
dalla situazione internazionale, da come i palestinesi si presenteranno insieme, dalle
rassicurazioni che Hamas dovrà dare sia all’altro partner sia al mondo, e quindi dalla
credibilità che acquisteranno.