Ucraina: Kiev concede una tregua ai separatisti dell'Est, accordo di Ginevra difficile
da attuare
Il governo di Kiev ha offerto una "tregua pasquale" ai separatisti filorussi del Sud-Est
dell'Ucraina sospendendo l'operazione militare lanciata nei giorni scorsi. Lo ha annunciato
alla Bbc il ministro degli esteri Deschizia. Ma i ribelli restano negli edifici occupati
in molte città e ribadiscono al governo ad interim di Kiev la richiesta di
un referendum. “I prossimi giorni saranno cruciali affinché tutte le parti in causa
applichino quanto previsto”, afferma, rivolto a Mosca, il segretario di Stato Usa
Kerry. Il riferimento è al disarmo dei gruppi armati ritenuti illegali proprio nell’Ucraina
dell’Est. Il Cremlino ribatte: "Nulla impedisce il miglioramento delle relazioni,
ma non dipende solo da noi". Restano dunque le difficoltà nell'attuazione dell'accordo
di Ginevra, come conferma - al microfono di Gabriella Ceraso - Germano Dottori,
docente di Studi strategici all'Università Luiss Guido Carli di Roma:
R. - Ci sono
dinamiche molto complesse che chiamano in causa non soltanto le grandi potenze che
si siedono intorno a un tavolo e neanche soltanto i governi legittimi: ci sono gli
attori sul terreno, ci sono le organizzazioni che sono sorte in questi mesi, capaci
di dirottare la dinamica rispetto alle sedi internazionali. Ci vuole molto tempo!
E’ importante che siano stati messi dei paletti, però non mi pare che in quel testo
concordato a Ginevra fosse risolta la questione finale: l’assetto costituzionale dello
Stato ucraino e il suo posizionamento internazionale. Fintanto che questa cosa resta
indeterminata è molto difficile che il conflitto possa essere disinnescato.
D.
- A questo proposito potrebbe essere il termine federazione, il termine chiave
per il futuro assetto politico dell’Ucraina?
R. - Si discute proprio del livello
di autonomia che dovrebbero avere le regioni dell’Est e che dovrebbero essere nella
visione dei russofoni e di Mosca che li sostiene, capaci di dire la loro anche sulla
politica estera dello Stato. In realtà alla fine è sempre la questione dell’allineamento
internazionale che interessa Mosca, perché Mosca non vuole avere l’Unione Europea,
né la Nato alle proprie frontiere; ma interessa anche i russofoni delle province orientali,
perché se l’Ucraina viene in Occidente saranno le regioni occidentali del Paese e
la capitale Kiev quelle che si svilupperanno maggiormente ed è chiaro che loro non
ci stanno!
D. - Quanta parte ha il popolo ucraino in questa rivoluzione che,
forse, porterà ad un nuovo assetto e quanto hanno voluto attori esterni ad Est e ad
Ovest?
R. - Ci sono entrambe le cose: interagiscono! Comunque, nel precipitare
questa crisi un ruolo importante lo hanno avuto alcuni Paesi dell’Unione Europea:
sono sostanzialmente la Polonia, la Svezia, le tre Repubbliche Baltiche e da ultimo
la Germania, molto più che non gli Stati Uniti. Non solo economia, ma molta politica
dunque perché specialmente la Polonia è desiderosa di avere un cuscino di sicurezza
molto profondo, che la allontani ancora di più dall’area di influenza della Russia.
D.
- Quanto e quale può essere il ruolo - se chiave o meno - della presenza dell’Osce,
proprio per risolvere la crisi ucraina? R. - Significa fare appello ad una organizzazione
internazionale paneuropea, in cui sono rappresentanti anche i russi e i Paesi più
vicini ai russi. Quindi è di garanzia. Quello che potranno fare, non lo so! Diciamo
che la loro funzione è soprattutto quella di garantire una testimonianza imparziale,
che è una cosa che ha la sua importanza nell’esercitare una deterrenza nei confronti
di chi vuol innescare un processo violento o comunque importante, perché permette
di avere un occhio neutrale su quello che succede. E ce ne è molto bisogno oggi, lì!