Pubblicate le Meditazioni sulla Passione scritte da Susanna Tamaro: la Via Crucis
è la via dell'amore
Un testo scritto per la Via Crucis, promossa dai giovani di Azione Cattolica che l’anno
scorso, il Venerdì Santo sera, ha attraversato le vie di Trieste fino alla Cattedrale
di San Giusto. E’ quello pubblicato solo di recente dall’editrice Bompiani e intitolato:
“Via Crucis meditazioni e preghiere”. L’autrice è Susanna Tamaro alle prese
per la prima volta con una produzione letteraria di questo tipo. Le riflessioni hanno
accompagnato, durante l’anno, altre Via Crucis in diverse località. Ma che esperienza
è stata per la Tamaro cimentarsi in questo lavoro? Ascoltiamo la scrittrice triestina
al microfono di Adriana Masotti:
R. - Ho avuto
molta ansia per questa esperienza, un’ansia da prestazione perché naturalmente, essendo
credente, ho sempre pensato la Via Crucis come una delle massime espressioni di fede
e di letteratura e mi è sempre sembrato un punto più o meno irraggiungibile. Ma poco
prima della Pasqua dell’anno scorso, mi ha chiamato un sacerdote, mio amico, dicendomi:
“Ti prego, scrivimi la Via Crucis per questa Pasqua, per i ragazzi, per il vescovo
qui a Trieste”. Ed io: “Guarda, io provo a scriverla; però se non viene niente che
io ritenga essere degno di essere letto, facciamo finta che non l’ho mai scritta”.
La cosa è partita in questo modo. In fondo ci sembra di conoscere la Via Crucis da
sempre, perché si conoscono tutti i passaggi dell’evento. Però andare ad indagare
nei coni d’ombra, nelle parti nascoste, in quello che ancora non si è visto o non
si è riuscito a mettere a fuoco è stata una grandissima esperienza spirituale e creativa.
E penso anche che una Via Crucis scritta da una donna sia molto diversa rispetto a
quella scritta da un uomo. Ad esempio, quando ho letto la parte in cui parlo del sangue
della Madre e del Figlio a Lourdes questa estate, moltissime persone si sono commosse
fino alle lacrime.
R. – Leggo il passo: “ … il sangue del Figlio e il sangue
della Madre sono nuovamente uniti come al momento del parto”. Sì, si sente che è una
donna che scrive. In generale io ho trovato nel suo testo un linguaggio molto realistico,
umano, quotidiano che guarda alle debolezze, alle fragilità, alle aspirazioni di ogni
uomo …
R. – Sì, credo che la sfida di questi tempi sia proprio parlare della
fede con un linguaggio semplice, un linguaggio che tocca la quotidianità e la complessità
della vita quotidiana contemporanea, altrimenti sembrerebbe una favola bella che non
ci tocca, non ci coinvolge, magari pittoresca, che può commuoverci per motivi sentimentali,
ma non ci riguarda. Credo che mettere in moto un linguaggio che spinga a sentire questo
“mi riguarda” sia proprio il compito più importante in questo momento per chi vuole
parlare di queste cose.
D. - Ad esempio, sempre nella stazione dell’incontro
di Gesù con la Madre, è molto bella la preghiera a Maria perché si ritrova il senso
alto della maternità e si capisca che amare è accogliere, non pretendere …
R.
- Tutta la Via Crucis è molto incentrata sulla maternità, perché credo la maternità
sia proprio quello che manca in questo tempo, l’idea che lo spirito della maternità
è alla base di ogni rapporto di amore che è prendersi cura, voler far crescere l’altro,
accettare le sconfitte nella crescita … Abbiamo molto bisogno di questo spirito di
maternità, che non è desiderare un figlio a tutti i costi, ma capire la profondità
dell’amore.
D. - Nel quadro di Simone di Cirene che porta la croce, lui obbedisce
controvoglia ma questa obbedienza porta una novità nella sua vita …
R. - Certamente,
ho pensato a tutte le volte in cui ci capita qualcosa che ci scoccia… ad esempio stiamo
andando da qualche parte, siamo stanchi, e incontriamo qualcuno, succede qualcosa
che ci fa perdere tempo o che ci sembra ci faccia perdere tempo. Poi invece questa
frustrazione apparente ci apre qualcosa, una nuova dimensione, ci fa conoscere una
parte di noi stessi che non conoscevamo.
D. - Ancora un esempio: Gesù che incontra
le donne. Mi sembra che qui venga fuori l’importanza del pianto. E anche Papa Francesco
ne ha parlato più di una volta …
R. - Finché non ci sono le lacrime, non c’è
vera conversione. Finché si parla e basta “la lingua si muove da sola”, come diceva
mia nonna. Però se la lingua è solo la lingua, se non c’è un abbandono del cuore,
non si può mai dire che ci sia stato un vero cambiamento, secondo me. Avremmo un bisogno
enorme di lacrime, perché solo le lacrime fanno un lavacro dello sguardo e ci fanno
perdere tutto quel velo di grettezza, di chiusura, di paura che ci impedisce di vedere
la realtà profonda intorno a noi.
D. - Mons. Giampaolo Crepaldi, il vescovo
di Trieste, nella nota al volumetto scrive: “Susanna Tamaro ci fa scoprire che la
Via Crucis è in definitiva la via della consolazione, dell’amore, della vita”. Qui
si trova tutto il cuore …
R. - Certamente perché, c’è l’idea che la Via Crucis,
il Venerdì Santo sia una giornata di tristezza … Sì è una giornata di tristezza, ma
è una tristezza che prelude a qualcos’altro. Dobbiamo ricordarci sempre che il Venerdì
Santo è la massima apertura della vita. Dunque dobbiamo togliere questo aspetto che
rimane nell’immaginario di molti, un aspetto un po’ punitivo di deprivazione e portarlo
invece sul discorso della vita e dell’ amore. Quando gli occhi si aprono ci si rende
conto di questo: la realtà più forte, la realtà vincente è sempre e comunque l’amore.