La Resurrezione di Cristo nell’arte: a confronto Piero Della Francesca, Raffaello
e Caravaggio
L’arte e la Resurrezione di Cristo trovano straordinari punti di intersezione in molti
dipinti e affreschi. In questo servizio di Amedeo Lomonaco vi proponiamo un
percorso iconografico attraverso le opere, in particolare, di Piero Della Francesca,
di Raffaello e di Caravaggio.
La vittoria
del Risorto sulla morte è celebrata da molti, grandi artisti. Tra questi, Piero della
Francesca nell’affresco “Resurrezione di Cristo”, eseguito tra il 1450 e il 1463,
pone al centro la figura di Gesù e, più in basso, degli uomini che dormono alla base
del sepolcro. Rodolfo Papa docente di Storia delle teorie estetiche presso
la Pontificia Università Urbaniana:
“In questo sacrificio che Cristo fa
sulla Croce e che porta alla vittoria sulla morte, non c’è nessuno sforzo dell’uomo;
è un gesto gratuito che Dio stesso fa nei confronti dell’uomo. Quelle figure che sono
lì addormentate, ricordano il racconto di Matteo in quanto le guardie vengono poste
lì, perché altrimenti si sarebbe detto che era stato portato via e che quindi la Resurrezione
era semplicemente un artificio fatto dai seguaci di Cristo. Ma soprattutto quelle
figure, rappresentate in quel modo, dicono anche delle cose estremamente interessanti
perché tra quelle ce n’è una che, in modo particolare, porta le mani agli occhi. Sono
addormentate, ma forse sono lì a dire che è indicibile; quello che sta accadendo è
qualcosa di talmente fuori dalla portata dell’umano. Ed è così straordinariamente
raccontato. Infatti il sepolcro – ed è quello il punto di vista interessante – che
contiene il corpo di Cristo viene rappresentato come se fosse un sarcofago. Il punto
di vista prospettico è dal basso, in modo tale che non vediamo il corpo di Cristo
contenuto dal sarcofago, ma lo vediamo emergere dal sarcofago. Il sarcofago però è
chiuso, proprio per sottolineare l’indicibile. Poi il fatto che ci siano due paesaggi
alle spalle - uno brullo e uno rigoglioso - fa proprio capire il passaggio del tempo
ma anche il passaggio spirituale, la dimensione profonda che c’è tra il momento della
morte e il momento della Resurrezione, il momento del mondo devastato dal peccato
e il mondo, invece, che viene riconciliato attraverso la figura di Cristo al Paradiso.
L’uomo è addormentato, non fa nulla ed è lì addirittura armato contro Cristo. E Cristo
salva tutti”.
Anche nel dipinto “Resurrezione” di Raffaello, eseguito tra
il 1501 e il 1502, la figura di Cristo è al centro. Ma rispetto all’affresco di Piero
della Francesca, il Risorto si solleva dal sepolcro e ascende al cielo:
“Il
punto è esattamente questo: abbiamo una ripresa di quegli elementi pierfrancescani
che vengono riorganizzati, riordinati da Raffaello che pone, però, un elemento, un
altro punto di vista: Cristo non solo risorge, ma ascende al Cielo. Questo è un tema
che vedremo anche in altri dipinti successivi. Per esempio, nel Polittico Averoldi
di Tiziano c’è Cristo rappresentato insieme con quelle guardie che dovevano stare
lì a controllare che nessuno trafugasse il corpo che in realtà, poi alla fine, diventano
testimoni involontari della Resurrezione. Una Resurrezione che, non solo, allude all’ascensione
al Cielo, ma addirittura al ritorno di Cristo in gloria sulle nubi nel momento finale,
quello che precede il Giudizio. Quindi questo viene rappresentato come un momento
unico: il Kairos, il momento giusto dell’incarnazione, è legato contemporaneamente
anche alla Resurrezione e al tempo ultimo come se fosse ormai tutto un unico tempo.
E per esempio nel Polittico Averoldi, come in realtà anche in Raffaello, la natura
è ormai completamente trasfigurata e quindi è risarcita nella condizione originaria
che è quella del Paradiso”.
Quello che nella lettura iconografica di Piero
Della Francesca è indicibile, diventa incredulità nel dipinto realizzato da Caravaggio
tra il 1600 e il 1601. Nella scena, contraddistinta da un estremo realismo, San Tommaso
è incredulo e tocca il costato di Cristo. Ancora Rodolfo Papa:
“Ma Caravaggio
non è incredulo, come alcuni storici dell’arte hanno sottolineato. Quell’elemento,
quella capacità di rendere toccabile quel corpo, è un punto fondamentale che va inserito
nel momento culturale, storico in cui vive Caravaggio. Ci troviamo alla fine del secondo
Manierismo, in un momento in cui si sta mettendo in pratica tutto quello che si è
detto nei 1600 anni precedenti sull’utilizzo delle immagini. Le immagini hanno un
compito fondamentale: non solo quello di educare, di far pregare, di dare un esempio
morale, ma anche di contemplare, di vedere con gli occhi ciò che è invisibile a noi
perché viviamo in un’altra epoca, in un altro tempo. E allora, il compito ultimo dell’arte
non è solo quelle di vedere ma anche di farci – in qualche modo – toccare. In quel
dito di Tommaso, noi abbiamo tutto il nostro sguardo, perché di fatto il corpo di
Cristo – così come ci diceva Tertulliano – è il centro della nostra salvezza, “Caro
cardo salutis”. E quella carne, Raffaello la dipinge in un modo, Piero della Francesca
in un altro, Caravaggio confida di più sul colore e sul contrasto tra luce ed ombra.
Ovviamente ogni epoca mette in risalto un elemento particolare che gli è più consono,
più vicino. Ma io direi che l’elemento più proprio dell’arte cristiana è la rappresentazione
dell’Emmanuele, cioè del Dio con noi, quel Dio che diventa visibile. La prospettiva
nasce appositamente per questo, così come la teoria delle luci e dei colori. Le ombre
e le prospettive non sono nient’altro che un’invenzione interna del cristianesimo
per raccontare questo indicibile e invedibile, perché stando in un’altra epoca in
un altro tempo non abbiamo l’opportunità di vederlo; ma è sempre presente, perché
Cristo muore e risorge costantemente tutti i giorni”.
Le opere d’arte –
ha detto Papa Francesco lo scorso 19 ottobre ricevendo un’associazione di cattolici
americani e europei, mecenati dei Musei Vaticani – “danno testimonianza delle aspirazioni
spirituali dell'umanità, dei sublimi misteri della fede cristiana e della ricerca
di quella bellezza suprema che trova la sua origine e il suo compimento in Dio”.