2014-04-19 14:44:11

La gioia della Pasqua nelle diocesi italiane


“L’uomo è stato creato per la vita, non solamente quella biologica ma anche e soprattutto quella soprannaturale”, è quanto scrive nel suo messaggio per Pasqua il vescovo di Oria, mons. Vincenzo Pisanello, come riferisce il Sir. “Il peccato genera la morte, e la morte, incutendoci paura ci tiene prigionieri”, prosegue il presule, ma lo Spirito di Dio, “resuscitando Gesù dalla morte ha infranto definitivamente le catene della schiavitù dell’uomo”. Così, conclude mons. Pisanello, il grido della notte di Pasqua “È risorto!” non si riferisce “solo alla persona di Gesù, ma all’intera umanità”.
E proprio sull'annuncio di questa buona notizia si sofferma, in un intervento pubblicato sul periodico "Insieme", mons. Paolo Urso, vescovo di Ragusa: “Annunciare che Cristo è risorto - spiega - vuol dire immettere nel mondo germi di risurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la frammentazione e il vuoto di senso che affliggono la nostra società”. “Oggi come allora l’incontro con Cristo - evidenzia da parte sua il vescovo di Ivrea, mons. Edoardo Cerrato - avviene dentro alla nostra umanità, fatta di bene e di male, di riuscite e di sconfitte... Oggi come allora il dono della salvezza è la vita nuova: non un’illusione, ma una realtà che accade, poiché la salvezza è una Presenza”.

Un concetto, questo, sottolineato anche dal vescovo di Parma nel suo messaggio pasquale pubblicato sul settimanale diocesano “Vita Nuova”: “Dalla morte del Nazareno in croce viene la nostra vita!”, ricorda mons. Enrico Solmi, e prosegue: “Siamo grati alla Vita che ci ha redenti, non calpestiamo il sangue del Signore, ma rinnoviamo, anche tra le lacrime, il dono del nostro Battesimo, rendiamolo visibile”.
E nella sola diocesi di Milano saranno 146 le persone che riceveranno questo sacramento durante la veglia di questa notte. Quattordici di loro saranno battezzati in Duomo dal cardinale Angelo Scola: cinque sono italiani, cinque cinesi, uno giapponese e tre albanesi. Tra loro, anche Majlinda Memetaj, che ha raccontato al Sir la sua storia: “Sono nata in una famiglia di tradizione musulmana – ha detto la donna - Quando è caduto il regime, la situazione è cambiata. Nel mio quartiere sono arrivare alcune suore francescane. Conoscendo l’italiano, ho iniziato ad aiutarle come interprete e così ho avuto modo di apprezzarle”. (D.M.)







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