2014-04-19 08:38:49

Arturo Mari: la santità di Karol Wojtyla in quella Croce stretta tra le mani il Venerdì Santo


Raccontare la santità attraverso un’istantanea. E’ quello che ha potuto realizzare Arturo Mari, per oltre 50 anni al servizio dei Pontefici come fotografo dell’Osservatore Romano. Legatissimo a Giovanni Paolo II, Mari conserva dei ricordi speciali anche di Giovanni XXIII che ha potuto seguire da vicino all’inizio della sua professione. La canonizzazione dei Papi Wojtyla e Roncalli rappresenta, dunque, per lui un momento di grande emozione e gratitudine al Signore. Intervistato da Alessandro Gisotti, il “fotografo dei Papi” confida le sue emozioni e ritorna ai momenti più belli vissuti con Giovanni Paolo II:RealAudioMP3

R. – Per me, è un avvenimento così bello, che il Santo Padre Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII siano sulla gloria degli altari … sono felice e mi rende orgoglioso anche il privilegio di essere stato vicino a questi due grandi uomini, per cui la felicità è tanta. Ho avuto la fortuna di vivere accanto a dei santi viventi!

D. – Quali sono i suoi ricordi più belli di Giovanni XXIII?

R. – La sua semplicità, il suo sorriso, la sua carezza quando lavoravi … bisogna anche tenere presenti i tempi di allora, con il protocollo di allora … Con Giovanni XXIII le porte del Vaticano si aprono, la Chiesa si apre, lui incomincia ad andare in mezzo alla gente … Tu lavori accanto ad un sant’uomo che ogni tanto si gira e si ricorda di te, ti dice “Come stai?”… Questa è la soddisfazione maggiore che ho avuto.

D. – Lei ha vissuto accanto a Giovanni Paolo II ogni giorno del suo lungo Pontificato. C’è un momento nel quale ha incominciato a pensare che non era solo vicino a un grande Papa, ma proprio vicino ad un Santo?

R. – Io ho conosciuto mons. Wojtyla al tempo del Concilio Ecumenico Vaticano II, e lì saltava agli occhi subito questo vescovo sopra la norma. Non appena Giovanni Paolo II ha iniziato il suo Pontificato, è scattata una molla che mi ha fatto credere nella santità, che poi ho potuto toccare con mano. Il suo programma prevedeva la valorizzazione di valori che mai si sarebbe pensato si potessero applicare – eppure si sono avverati! Ci sono stati problemi enormi, che si sono risolti … questi sono miracoli! Milioni di persone che hanno avuto la libertà, la pace … Oltre a cose specificatamente personali, viste nella sua cappella e in altri luoghi, dove ad alcune persone è stato detto: “Alzati e cammina!”, e in un certo senso questo è accaduto …

D. – Quando Giovanni Paolo II pregava, tutti – da vicino o da lontano – avevamo l’impressione che il tempo si fermasse …

R. – Quando lui era solo, in preghiera, assistere, vederlo … e io qualche volta di nascosto – cosa che non avrei dovuto fare, però l’ho fatto – da dietro l’altare vedevo quel volto che non era lui: i lineamenti, non era lui; quello sguardo, non era lui: era una cosa fuori dalla norma! E poi, quando doveva incontrare i potenti del mondo, lui si ritirava in preghiera, ginocchia a terra, con la testa sull’inginocchiatoio, e incominciava un dialogo, un dialogo con Nostro Signore …

D. – Lei aveva anche un punto privilegiato nel guardare le persone che incontravano Giovanni Paolo II: cosa la colpiva, magari anche riguardando gli scatti, delle espressioni del volto di queste persone che incrociavano lo sguardo di Karol Wojtyla?

R. – Era bello, vedere i loro occhi! Un giorno il Santo Padre mi disse: “Arturo, vedi, quando tu hai un amico, una persona che ami, nella quale hai fiducia, quando gli parli, guardala sempre negli occhi: è quella parte della persona che non può tradire mai. Lì potrai vedere la verità!”. E così era. E questa è stata una lezione che ho appreso quasi subito e mi ha anche aiutato tanto nel lavoro, perché spesso con lui si riusciva a parlare con gli occhi, con lo sguardo. La gente che lo aveva incontrato sapeva chi stava guardando, specialmente i giovani: vedere quegli occhi luminosi, aspettando una parola da lui, aspettando qualcosa, la felicità di toccare una persona che loro amavano … questo era bellissimo!

D. – Lei ha scattato innumerevoli fotografie di Giovanni Paolo II. Qual è quella che meglio rappresenta, quasi racchiude, proprio, la santità di Giovanni Paolo II?

R. – La fotografia che ho fatto l’ultimo Venerdì Santo nella cappella del Santo Padre, quando non ha potuto recarsi alla “Via Crucis”, al Colosseo. Alla quattordicesima stazione, il Santo Padre ha chiesto la croce al suo segretario don Stanislao Dziwisz: non mi ha colto alla sprovvista, perché conoscevo troppo bene quest’uomo! Prende questa croce, la appoggia alla sua fronte, bacia il Cristo e la appoggia sul suo cuore. Per me questi sono 27 anni – una vita! – dedicata alla Chiesa, una vita dedicata al mistero della Croce. A questa Croce lui in ogni momento si è appoggiato per chiedere aiuto; con questa Croce lui ha girato il mondo, facendosi sempre forza con essa, con quel bacio, con la fedeltà a Dio, alla Chiesa, alla sua missione. Le unghie delle sue dita erano rosse per la forza con cui stringeva quella Croce; e con quelle mani lui ha scritto Encicliche, ha benedetto milioni di persone, ha accarezzato bambini, malati, infermi, ha dato sostegno a chiunque potesse dare aiuto … Quante lettere ha scritto, quante cose ha fatto per noi, con quelle mani!







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