"Guardando Gesù
nella sua passione, noi vediamo come in uno specchio le sofferenze dell’umanità e
troviamo la risposta divina al mistero del male, del dolore, della morte". Sono
parole pronunciate da Papa Francesco nella catechesi, pre-pasquale dell'udienza generale
di mercoledì santo, 16 aprile, dedicata alla Passione di Cristo e al significato della
sofferenza nella vita cristiana. "In senso spirituale si capisce cosa il Papa voglia
dire: un credente guardando Cristo sente la consolazione per eccellenza", spiega p.
Bruno Moriconi, carmelitano scalzo, studioso dei temi della sofferenza nella Bibbia.
"Ma dal punto di vista logico nemmeno Gesù ha la risposta al mistero del male. E'
entrato nella nostra sofferenza, non solo se ne è fatto partecipe ma l'ha presa sulle
sue spalle e gli ha dato un senso, più che darle una risposta". "Nella Passione
di Gesù - ha detto ancora recentemente il Papa incontrando i partecipanti alla plenaria
del dicastero per la pastorale degli operatori sanitari - c’è la più grande scuola
per chiunque voglia dedicarsi al servizio dei fratelli malati e sofferenti". "Non
è che Gesù amasse la sofferenza - spiega ancora p. Moriconi - né mai ci ha detto che
la sofferenza è una cosa buona in sé stessa. Se Lui è andato fino in fondo è solo
per amore. L'amore che l'ha portato ad abbracciare anche la croce che perfino per
Lui è pesante e al di là di ogni logica. Quando si sottolinea il senso della sofferenza
guardando a Gesù crocifisso, si sottolinea l'amore che ha nutrito per noi e che l'ha
portato ad abbracciare la croce e dalla croce ad abbracciare tutti noi. Nella passione
più che il patimento dobbiamo leggere l'amore che è dietro quella passione". "Quando
vediamo soffrire i bambini è una ferita al cuore: è il mistero del male. E Gesù prende
tutto questo male, tutta questa sofferenza su di sé", ha detto ancora Papa Francesco
nella catechesi del mercoledì santo. "Sono molto felice che il Papa affronti spesso
questo tema", commenta don Luigi Zucaro, cappellano dell’Ospedale pediatrico
Bambino Gesù di Roma. "Da quando sono qui sono assolutamente convinto che
sia vero quello che afferma il card. Ravasi e che cioè la sofferenza dell'innocente
sia la roccaforte dell'ateismo. Se cioè esiste una frontiera sulla quale lo scontro
con l'ateismo è molto forte è proprio questa. Anche perché noi credenti siamo
spesso disarmati su questo tema e abbiamo davvero bisogno di parole che ci aiutino.
Soprattutto qui in ospedale, nel nostro lavoro quotidiano con le famiglie, anche di
diverse religioni, che si scontrano con l'assurdo della sofferenza degli innocenti".
"In questi anni io mi sono svegliato ogni giorno con la domanda 'Signore perché?'
nel cuore", prosegue don Luigi. "Io credo che una risposta ci sia, ma sia troppo complessa
perché Dio ce la possa spiegare come noi vorremmo. Ciononostante Dio dà delle risposte
personali alle nostre sofferenze, bisogna solo capire dove cercarle nella preghiera.
Noi, a volte, ci aspettiamo da Dio delle risposte logiche, concettuali. Concepiamo
tutto come fosse una formula matematica. La risposta divina che è nell'incarnazione,
nell'assunzione della sofferenza, è invece validissima, anche se è su un piano completamente
diverso. Allora, come Lui è entrato nella nostra sofferenza anche noi possiamo in
questa Settimana Santa entrare nella sua. E' un modo per comprendere tanti valli oscure
della nostra vita alla luce della Passione". (a cura di Fabio Colagrande)