Centrafrica. Liberi vescovo e sacerdoti fermati ieri. La testimonianza di mons. Nzapalainga
Sono stati rilasciati il vescovo di Bossangoa e i tre sacerdoti che erano con lui,
fermati ieri in Centrafrica da un gruppo di miliziani del Seleka. Lo ha confermato
alla Radio Vaticana l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga. Secondo
quanto riferito, mons. Nestor Désiré Nongo Aziagbia e i tre sacerdoti si trovavano
al momento del fermo nelle vicinanze della città di Batangafo, al confine con il Ciad.
Al microfono di Hélène Destombes, la testimonianza di mons. Nzapalainga:
R.
– Monseigneur a été libéré, je l’ai eu au téléphone… Mons. Nongo Aziagbia è stato
liberato, ieri l’ho sentito per telefono. Ci sono state trattative ieri, e oggi per
tutta la mattinata.
D. – Come è avvenuta la liberazione?
R. – Il y a
eu plusieurs interventions depuis Bangui et aussi au local là-bas… Ci sono stati
diversi interventi da Bangui e anche sul posto per riuscire a spiegare che il vescovo
si trovava in quel luogo per una celebrazione e non per altri motivi, che è un pastore
e che non è coinvolto in manovre politiche come si vorrebbe far credere. Il vescovo
ci ha detto soltanto che, arrivato ad un check-point, è stato fermato per i
consueti controlli e gli è stato chiesto di recarsi alla base, cosa che lui ha fatto.
Andando alla loro base, il capo ha chiesto di andare a Kabo; durante il tragitto hanno
parlato molto e gli hanno fatto molte domande in merito alle sue dichiarazioni e alla
città di Bossangoa, sulla fuga degli abitanti musulmani… Credo abbiano capito che
mons. Nongo Aziagbia non avesse responsabilità in questo e per questo è stato liberato.
D.
– Si è trattato di un arresto o di un rapimento?
R. – Pour l’instant, on peut
dire “arrestation”. Les gens qui sont là… A tutt’ora, si può dire che si sia trattato
di un “arresto”. Le persone che si trovavano, erano forze conosciute? Non si sa chi
fosse il gruppo che l’ha arrestato, che l’ha condotto alla “base”: non erano gendarmi,
né poliziotti. Invece alla base c’erano uomini del Seleka, che si trovano in quella
zona.
D. – Con il ritiro delle forze ciadiane, il clima di insicurezza è aumentato
e la situazione è sempre più instabile…
R. – Avec le départ des Misca Tchadiens,
il y a les Séléka qui sont revenus… Con il ritiro dei Misca ciadiani sono tornati
i Seleka. In questo momento, ci sono piccoli reparti della Misca a Kabo, a Batangafo.
Ma i Seleka rimangono in maggioranza anche in queste città.
D. – Qualche giorno
fa, insieme col vescovo di Bossangoa lei aveva scritto una lettera nella quale protestavate
contro le azioni della Misca…
R. – Oui… Sì…
D. – …ci può essere un
nesso con quanto accaduto a mons. Nongo Aziagbia?
R. – …Je laisse que les autres
répondent. Mais nous, on écrit et on dit… Lascio la risposta agli altri. Ma noi
abbiamo scritto e parlato a nostro rischio e pericolo. E l’abbiamo fatto essenzialmente
per il popolo, non per noi. Noi siamo lì per proteggere le nostre pecore. In quanto
cristiani, quando parliamo della Passione sappiamo che non parliamo di un’utopia,
di un’illusione, ma di una situazione reale. Cristo ha sperimentato sulla sua carne
la sofferenza e noi pensiamo che ogni volta che ci impegniamo nella sequela di Cristo,
la nostra vita è a rischio. Ma come Cristo ha donato la sua vita, anche noi siamo
pronti al dono totale. E siccome viviamo qui, qui viviamo la Passione con il popolo
di Dio che pure vive qui. Ma è soltanto entrando in comunione con Cristo che potremo
trovare la forza per attraversare questa prova che sta vivendo il popolo, e noi con
esso.