Siria. Tra Damasco e i ribelli la guerra è anche mediatica
In Siria, continua lo scambio di accuse tra il regime di Assad e i ribelli per quanto
riguarda gli attacchi con le armi chimiche. E' guerra dunque anche in campo mediatico,
mentre tra la popolazione il numero di morti e feriti cresce sempre più. Ascoltiamo
un commento del prof.Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici
all’Università di Trieste, al microfono di Maura Pellegrini Rhao:
R. – Poiché
sul campo si è creata ormai una situazione di stallo, che può essere risolta soltanto
in alcuni modi – o attraverso l’intervento di potenze, come nel caso libico, con conseguenze
che per il momento nessuno riesce a immaginare, oppure attraverso un negoziato, che
in questo momento appare comunque estremamente difficile considerata la situazione
generale, creatasi anche dopo il caso dell’Ucraina e della Crimea – il tentativo da
entrambe le parti è vincere la battaglia mediatica, accusando di crimini contro l’umanità
una parte e l’altra. Naturalmente, per le Nazioni Unite non è facile riuscire a dirimere
questa questione e credo, anzi, che in questo momento sia praticamente impossibile.
La vicenda può degenerare e, comunque, io credo che l’Onu debba intervenire con una
proposta o con delle soluzioni.
D. – La situazione, dunque, secondo lei, può
risolversi solo con l’intervento esterno e non con un’iniziativa delle parti in campo?
R.
– Le parti stanno compiendo una schermaglia. La schermaglia naturalmente ha questi
fortissimi aspetti mediatici, ma non sarà risolutiva. Non esiste oggi, a mio parere,
una soluzione nel breve periodo che possa emergere dal campo di battaglia. La soluzione,
in qualche modo, può venire soltanto dall’entità che è l’unica in grado di presiedere
a una soluzione: le Nazioni Unite. Questa deve essere in qualche modo imposta ed è
soltanto in questo modo che si possono poi aprire i corridoi e cercare di trovare
una soluzione negoziale. Non credo quindi che dal campo possa emergere oggi alcuna
soluzione, se non la continuazione di una schermaglia o un deterioramento totale della
situazione, con il tiro vero e proprio, in questo caso, di gas nervini o il ritorno
ad armi proibite.
D. – Anche perché cercare di stabilire la responsabilità,
a questo punto, diventa sempre più complicato, anche a causa di una disinformazione
dilagante...
R. – Credo che questo sia veramente difficile, ma ritengo che,
strategicamente, tutto sommato l’obiettivo più importante oggi sia riaprire il tavolo
negoziale. La definizione delle responsabilità è sicuramente un obiettivo importante,
ma non determinante nella vicenda siriana. Nella vicenda siriana, si deve cercare
di arrivare a una definizione che è affidata prima di tutto alle Nazioni Unite e affidata
poi al confronto tra le potenze, in particolare tra i due segretari Kerry e Lavrov,
il russo e l’americano, e ai rispettivi alleati. In questo momento, la cosa più importante
è chiudere la fase di stallo e tornare a trattare. Se si riaprisse la prosecuzione
del negoziato di Ginevra, coinvolgendo anche le parti che non sono state coinvolte
e riprendendo quindi quello sforzo, ciò renderà di più sicuramente del fatto di seguire
le accuse reciproche, che non finiranno.