Guinea Bissau al voto per scegliere il governo e il presidente
In Guinea Bissau, 750 mila elettori sono chiamati alle urne per le elezioni presidenziali
e parlamentari. Sono 13 i candidati che concorrono alla presidenza, 15 i partiti politici
in corsa per le parlamentari. Favorito il Partito africano per l’Indipendenza, erede
del Movimento di liberazione nazionale. Il Paese vive in una situazione di instabilità
cronica, con innumerevoli golpe militari, l’ultimo dei quali nel 2012. Per un commento
sulle principali sfide che attendono i nuovi premier e presidente, Marco Guerra
ha intervistato Filomeno Lopez, collega della Radio Vaticana originario della
Guinea Bissau:
R. - Sono due
i fronti: il presidente della Repubblica che prima di tutto deve avere un progetto
per creare un nuovo consenso nazionale, perché è una società profondamente divisa
dalla guerra del ’98. Quindi, un progetto di riconciliare i guineani e, dell’altra
parte, restituire il Paese alla comunità internazionale. Sono questi i due aspetti
per ciò che riguarda il presidente della Repubblica in quanto garante. Poi, ci sono
le legislative. Il premier sarà quello che avrà sicuramente il compito di fare uscire
il Paese dalle conseguenze economiche di questo isolamento politico internazionale
che c’è dal 2012, momento in cui è avvenuto il colpo di Stato. Ancora, c’è la questione
della disoccupazione che probabilmente è arrivata all’80-90% fra i giovani, che vanno
fuori per studiare e tornano nel Paese dove non ci sono prospettive di lavoro. Credo
che questa sia la sfida maggiore. Poi c’è quella delle infrastrutture… Comunque, tutto
ciò che è importante per ristabilire la comunicazione con la comunità internazionale,
quindi lo sviluppo.
D. - La Chiesa ha avuto un ruolo importantissimo nel processo
di stabilizzazione del Paese. Perché è importante anche adesso?
R. - C’è una
lunga tradizione. Con l’acquisizione dell’indipendenza, c’è sempre stato questo impegno
della Chiesa. Dopo la guerra del ’98, abbiamo avuto il primo vescovo che si chiamava
don Settimio Arturo Ferrazzetta, veronese, che è stato l’emblema di quel periodo.
Tutto il popolo della Guinea si è radunato intorno a un uomo senza preoccuparsi della
sua provenienza, per poter salvaguardare tutto ciò per cui erano valsi tutti gli undici
anni di lotta per l’indipendenza, cioè per l’unità nazionale. Lui poi è morto durante
la guerra ed è stato infatti sepolto anche con tutti i riti. Il padre per la riconciliazione
nazionale non è nemmeno Cabral, ma don Settimio, quindi il vescovo. Senza contare
poi che la maggior parte dei politici che oggi concorrono alle elezioni è composta
da persone che hanno studiato nelle scuole che questo vescovo ha costruito. Ecco le
ragioni allora perché la Chiesa è sempre una voce. Quando c’è un conflitto, tutti
si aspettano sempre che la Chiesa prenda le sue misure. In effetti, hanno mandato
un messaggio, una lettera, prima di queste elezioni, richiamandosi ovviamente a tutto
ciò che la Chiesa chiama normalmente i "doveri", ricordando ai politici di non perdere
di nuovo questa causa perché questo sembra essere l’ultimo treno. Quindi, la lettera
era per richiamare alla responsabilità i politici e anche tutti i cittadini.
Sul
clima preelettorale della vigilia, Alessia Carlozzo ha intervistato Michele
Cavallo, primo segretario politico presso l’Ambasciata d’Italia a Dakar:
R. – Sicuramente,
un clima di grande attesa per delle elezioni che sono elezioni generali, il che vuol
dire che sono elezioni sia per la presidenza della Repubblica che per il rinnovo del
parlamento. Sono lezioni che intervengono dopo un percorso difficile del Paese, che
ha avuto ripercussioni anche pesanti sulla popolazione, da un punto di vista economico
e sociale. Quindi, sia la popolazione sia la comunità internazionale, che è decisamente
mobilitata nel sostegno di questo processo elettorale, attendono domenica con impazienza
e nell’auspicio che si svolga un processo elettorale senza intoppi, senza violenze,
che possa fornire una spinta, una legittimazione all’affrontare le sfide che il Paese
e la nuova leadership bissau-guineana dovranno affrontare.
D. – Le elezioni
arrivano a due anni esatti dal colpo di Stato. Quali sono le aspettative della popolazione?
R.
– Innanzitutto, che la mobilitazione elettorale – che tutti auspicano sia forte –
consenta di mettere in piedi istituzioni e una leadership politica legittimata
dal voto e che possa affrontare i problemi fondamentali del Paese che sono – al di
là del ripristino della legalità costituzionale, violata due anni fa dal pronunciamento
militare che interruppe il processo elettorale del rinnovo della carica di presidente
della Repubblica – i problemi della vita quotidiana della popolazione che sconta alti
livelli di povertà, con gravi problemi in materia di approvvigionamento energetico,
di acqua potabile… Poi, che vengano affrontati altri problemi strutturali del Paese,
che sono il disfunzionamento dello Stato in estrema sintesi. Quindi, il ripristino
di un’amministrazione efficace, che possa funzionare in settori chiave come l’istruzione,
la salute, le attività produttive.
D. – La Guinea Bissau è uno dei Paesi più
poveri del mondo ed è dilaniata dalla piaga del narcotraffico. Quali dovranno essere
le prime misure che il nuovo governo dovrà adottare?
R. – Il narcotraffico
è una piaga che tocca non solo la Guinea Bissau, ma in generale la regione dell’Africa
Occidentale, in quanto anche geograficamente snodo di traffico di stupefacenti, in
particolare cocaina, dall’America Latina all’Europa. In Guinea Bissau, la situazione
è molto preoccupante ed è anche per questo che la comunità internazionale si è molto
impegnata nel sostenere un processo di transizione e il processo elettorale. Se posso
aprire una parentesi, anche l’Italia partecipa al sostegno alle elezioni che si svolgeranno
domenica con un modesto contributo finanziario, che è stato versato ad un fondo gestito
dalle Nazioni Unite. Come dicevo, quindi, la riforma dello Stato, la lotta alla corruzione
e anche la riforma delle forze armate e di sicurezza, sono tra i pilastri anche per
cercare di risolvere il problema serio del narcotraffico in Guinea Bissau, e saranno
tre elementi che la comunità internazionale guarderà con estrema attenzione per i
primi mesi del nuovo governo.