Ucraina: ancora tensione a Donesk. Spiragli di negoziati a 4: Ucraina, Russia, Usa,
Ue
Si apre uno spiraglio per una soluzione negoziata della crisi. La Russia ha dato la
sua disponibilità per un negoziato a 4, con Ucraina, Stati Uniti ed Unione europea.
In precedenza, scambio di opinioni discordanti tra la diplomazia russa e quella americana.
Sul terreno la situazione resta tesa. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
Il
palazzo della Regione di Donetsk è sempre occupato da alcune centinaia di filo-russi
che hanno eretto due linee di barricate. Situazione simile a Lugansk per l’edificio
che ospita i locali servizi segreti. A Kharkov e nelle altre principali città russofone
le forze fedeli a Kiev controllano l’ordine pubblico. La paura degli ucraini è che
le truppe federali, ammassate da Mosca, superino la frontiera. Sarebbe un “errore
storico”, ha commentato il segretario della Nato Rasmussen. Gli Stati Uniti sono pronti
a nuove sanzioni economiche ed energetiche. Il segretario di Stato Kerry ha parlato
di “provocatori” che inscenano le proteste. Il ministero degli Esteri russo ha denunciato
la presenza nell’area di “mercenari” di una compagna privata Usa. La notizia positiva
è, però, che adesso Mosca è pronta ad aprire un vero dialogo e a partecipare ad un
negoziato internazionale. Il nodo centrale riguarderà la futura Costituzione ucraina,
che per il Cremlino dovrà avere basi federali.
Sulla crisi Ucraina Massimiliano
Menichetti ha intervistato Danilo Elia, esperto dell'area per Osservatorio
Balcani e Caucaso:
R. – La mossa
del governo ad interim di inasprire le pene per i reati chiamati da loro di terrorismo,
che minano all’unità nazionale, può essere un po’ un "boomerang" al momento per Kiev,
perché di fatto allontana un po’ le prospettive di dialogo con le comunità generalmente
definite russofile delle provincie orientali del Paese.
D. – Ad aumentare
la tensione ci sono anche le dichiarazioni della Nato. Il segretario generale Rasmussen
ribadisce: “Se Mosca interferisce ancora sarebbe un errore storico! Ci potrebbero
essere delle gravi conseguenze e gravi reazioni”. A cosa stiamo assistendo?
R.
– E’ chiaro che le organizzazioni internazionali – e la Nato prima di tutto – vedono
le manovre e le mosse russe come una minaccia ed è per questo che probabilmente Rasmussen
si affretta a fare queste dichiarazioni. Però, dall’altro lato, l’esperienza della
Crimea ha mostrato che se il Cremlino decide di intervenire, in una qualche maniera,
in Ucraina ben poco si può fare per evitarlo, al di là di manovra diplomatiche. In
estrema sintesi: non si può fare la guerra alla Russia.
D. – Ma c’è il rischio
di una guerra?
R. – Secondo molti osservatori, è estremamente improbabile.
Soprattutto, né l’Europa, né gli Stati Uniti, al di là dei proclami, hanno un reale
interesse a fare la guerra alla Russia per la Crimea, una regione come il Donec, o
Donetsk.
D. – Proprio la regione orientale russofona di Donetsk è stata prima
occupata dai filorussi, poi la cosa è rientrata… Lei è tornato una settimana fa proprio
da quella località: che cosa ha trovato e come giudicare quanto sta accadendo?
R.
– Ogni sabato e ogni domenica, in piazza Lenin ci sono manifestazioni pro-Russia.
Quello che è accaduto ieri sera fa parte un po’ di un andamento altalenante di questa
nuova fase della rivoluzione che sta interessando l’Ucraina. Di fatto, in quelle provincie
una grossa fetta della popolazione chiede qualcosa di simile a quello che si è fatto
in Crimea.
D. – Ma dopo la Crimea, quindi, assisteremo ad un effetto domino?
R.
– Sì, ci potrebbe essere, soprattutto se la Russia continuerà a intervenire come,
appunto, ha fatto in Crimea.
D. – Da una parte la Nato lancia moniti alla
Russia a non intervenire, mentre Mosca si dice pronta a dialogare con l’Unione Europea,
gli Stati Uniti e anche la stessa Ucraina…
R. – Il ministro degli Esteri russo,
Sergej Lavrov, ha mostrato di operare sempre in questa maniera. Non dobbiamo dimenticare,
però, che fino a tutt’oggi il Cremlino ha costantemente negato una presenza militare
russa in Crimea, veramente negando l’evidenza. Quindi, non prenderei alla lettera
le dichiarazioni che incitano al dialogo e che sembrerebbero mostrare un’apertura
da parte della Russia alla soluzione diplomatica della crisi. Non dimentichiamo che
al confine orientale con l’Ucraina, in territorio russo, è ammassato un grosso contingente
dell’esercito russo. E nonostante sia stato dichiarato – la settimana scorsa – un
parziale ritiro, non c’è evidenza di questo. Quindi, c’è un’altalena fra ciò che viene
dichiarato a livello diplomatico e quello che vediamo sul campo. Bisogna stare veramente
con gli occhi aperti e vedere che cosa succede sul terreno.
D. – Le presidenziali
del 25 maggio potranno cambiare qualcosa?
R. – Le presidenziali interessano
sicuramente quella parte di Ucraina, che al momento non è scossa da pulsioni separatiste.
Le persone con cui ho parlato, per esempio a Donetsk, contestano in toto quello che
sta avvenendo a Kiev. Contestano anche la legittimità delle elezioni presidenziali,
non si riconoscono in alcuno dei candidati. A loro interessa un riavvicinamento, in
qualche maniera, alla Russia e - secondo alcuni, a molti anzi - interessa un ritorno
di Yanukovich.