Def: l'Ue plaude. L'economista Cappugi: "Aspettiamo i risultati concreti"
Il giorno dopo il varo del Def arriva il plauso dell’Ue che accoglie soprattutto con
favore le misure per i lavoratori e ricorda che l'Italia "deve raggiungere il pareggio
per ridurre il debito ed essere in linea con le regole" . Positivo anche il commento
del Fmi che stima per il 2014 un aumento del rapporto debito-Pil fino al 134, 5 per
cento in calo invece il rapporto deficit – Pil. Intanto il premier Renzi nega nel
modo piu' categorico una manovra correttiva e ribadisce: il governo chiede un sacrificio
alla politica, ai dirigenti delle aziende pubbliche e alle banche per dare speranza
al Paese.
Tetto agli stipendi dei manager pubblici a 238mila euro annui; taglio
dell'Irpef; aumento delle tasse sulla rivalutazione delle quote Bankitalia per un
valore di 1 miliardo. Abolizione degli enti inutili. Ricorso alle privatizzazioni
e conferma degli 80 euro in più per quanti guadagnano fino a 1.500 euro mensili. Tutto
questo nella conferenza stampa ieri del premier Renzi insieme al ministro dell’economia
Pier Carlo Padoan per la prima volta allo stesso tavolo per presentare il Documento
di Economia e Finanza del governo. Le reazioni non sono state tutte positive, vedi
Stefano Fassina, ex viceministro dell'Economia ed esponente Pd o Renato Brunetta di
Forza Italia. Adriana Masotti ha chiesto a Luigi Cappugi, docente di
Politica Economica Internazionale alla Lumsa di Roma, se crede che le misure presentate
saranno utili per il miglioramento dell’economia italiana:
R. – Da queste
misure puntualmente no di sicuro. Poi, naturalmente, siccome le riprese o gli arretramenti
dipendono tutti dal clima generale di un Paese, di un sistema economico, di un sistema
culturale, prima ancora che economico, allora può andar bene tutto e può non essere
adatto niente a far ripartire il sistema economico e sociale.
D. – Il premier
ha detto, comunque, che finalmente si inverte la rotta, nel senso che pagherà di più
chi ha pagato di meno e chi non ha pagato per niente. E poi ha confermato questi 80
euro per chi guadagna di meno...
R. – Io voglio vederle le cose. Quando le
dicono, le intenzioni possono essere anche buone, poi gli strumenti non si sa mai
se sono quelli adatti a raggiungere l’obiettivo che si dice di voler raggiungere.
D. – Adesso, quindi, si vedrà e ci sono assicurazioni sulle coperture...
R.
– Sì, ma il problema non è la copertura, il problema è come si fanno le cose, come
vengono fatti, cioè, i provvedimenti. Gli strumenti non hanno tutti la stessa efficienza
e la stessa possibilità di consentire di raggiungere gli obiettivi, che si dice di
voler perseguire.
D. – Questo miliardo – 1 miliardo – che arriverà dalle banche
ad esempio è una buona cosa?
R. – Intanto, a chi pensa lo faranno pagare le
banche il miliardo? Ai clienti delle banche, no? Non sono gli azionisti delle banche?
Alla fine dei conti uno aumenta il costo del denaro, aumenta il costo dei servizi,
prestati dalle banche ai clienti.
D. – E tagliare gli stipendi dei manager?
R.
– Tagliare gli stipendi dei manager, detto così, è pura demagogia. Io credo che il
problema non sia tagliare gli stipendi dei manager. Piuttosto, gli stipendi dei manager
sono troppo alti per quello che producono? Questo è il problema. Se sono troppo alti
per quello che producono, tenendo presente che c’è un punto di riferimento che è il
mercato, allora vanno ridotti. Ma non si possono ridurre gli stipendi per legge, è
sbagliato. Mi sembra che siamo ripiombati nel buio della demagogia più pura.
D.
– Sulle riforme, il presidente del Consiglio è tornato e ha detto che sono la precondizione
della ripresa economica; e la stessa cosa anche il ministro Padoan, che ha detto che
le riforme, anche quelle istituzionali, hanno un impatto economico molto profondo.
Lei condivide questo?
R. – Certo, è vero, ma non si capisce, però, perché non
si sono mossi prima. Mi sembra talmente evidente.