Rapporto Centro Astalli: aumentate del 60 per cento domande d'asilo
Le domande d'asilo presentate in Italia nel 2013 sono state 27.830, il 60% in più
rispetto all'anno precedente. Lo rende noto il Rapporto del Centro Astalli del Servizio
dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, al quale l’anno scorso si sono rivolte in tutte
le sedi territoriali circa 37mila persone, 21mila solo a Roma. Tra loro individuate
713 vittime di tortura. Alla presentazione stamani a Roma è stata anche ricordata
la visita di Papa Francesco al Centro Astalli. Il servizio di Debora Donnini:
Uomini e donne
che fuggono dalla guerra o dalla persecuzione. A queste persone che vivono spesso
nell’indifferenza vuole dare voce il Centro Astalli, che 365 giorni all’anno si occupa
di rifugiati e richiedenti asilo. Non accettiamo più un’accoglienza emergenziale,
dice padre Giovanni La Manna, gesuita, presidente del Centro:
R. –
Le richieste d’asilo aumentano. Basta alzare la testa, aprire gli occhi e vedere cosa
succede nel nostro mondo. Finché in Siria c’è una guerra, le persone sono costrette
a scappare e giungono da noi e ne hanno diritto, perché l’Italia, l’Europa, hanno
firmato la Convenzione di Ginevra, che riconosce il diritto all’asilo politico.
D.
– Come leggete l’abrogazione del reato di immigrazione clandestina?
R. – Lo
leggiamo come un’opportunità per diminuire la vergognosa situazione che viviamo in
Italia. Non ha spaventato nessuno il reato di clandestinità: chi rischia la vita nel
proprio Paese non viene certamente fermato dal reato di clandestinità. Ha reso però
più difficile la vita di quelli che sono arrivati. Ricordiamo che gli eritrei, sopravvissuti
alla tragedia del 3 ottobre 2013, sono stati accusati del reato di clandestinità e
quindi sono rimati bloccati nel Centro di Lampedusa proprio per questo.
Con
oltre 480 volontari, il Centro Astalli fornisce a rifugiati e richiedenti asilo servizi
come mense, case famiglie, orientamento per il lavoro. A livello italiano, per Berardino
Guarino, direttore dei progetti del Centro, serve un sistema nazionale integrato:
R. – Le grandi questioni sono fondamentalmente due: l’arrivo e cosa trovano.
Non hanno altra strada che affidarsi ai trafficanti. Mare Nostrum interviene
per evitare che ci siano naufragi, però loro sono comunque affidati ai trafficanti,
per cui noi dobbiamo intervenire sul punto di partenza. Poi il sistema di accoglienza
italiano: se noi ogni anno abbiamo circa 30 mila persone e abbiamo a disposizione
dai 10 ai 16 mila posti, è chiaro che questi sono insufficienti, quindi bisogna fare
un salto in avanti che non significa necessariamente investire più soldi, ma, più
semplicemente, programmare, ottimizzare e avere capacità gestionali.
D. –
Come ad esempio coinvolgere di più il territorio italiano, mentre oggi c’è una concentrazione
nelle città metropolitane…
R. – Sì. Il tema dei rifugiati urbani non va sottovalutato,
perché è un tema tipico di ogni metropoli. I rifugiati si trovano nelle grandi città
per una serie di motivi. Bisogna cercare di conoscere questa questione e disinnescarla,
altrimenti poi nel 2014 o nel 2015 non ci stupiremo se si verificherà una tragedia
in uno dei centri occupati o in alcune di queste occupazioni informali.
D.
– Un altro punto da lei affrontato è quello della partenza dai Paesi di origine. Ma
in Paesi dove ad esempio ci sono guerre o dittature e i richiedenti asilo stanno fuggendo
proprio da queste situazioni, come si può fare?
R. – L’Unione Europea ha disciplinato
molto la condizione del rifugiato dal momento in cui mette piede in Europa. Non si
è ma scritta una riga su quello che accade prima, cioè su come si arriva in Europa.
Su questo vanno chiaramente trovate, assieme all’Acnur e assieme alle Nazione Unite,
strade alternative che sono i famosi canali umanitari, che però se non si attivano
non si darà mai a queste persone la possibilità di scappare. Quando si esce dalla
Siria e si va il Libano, questi canali umanitari ci sono e si praticano, ma verso
l’Europa non ci sono.
A far visita al Centro Astalli il 10 settembre 2013 fu
Papa Francesco, che ricordò che i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli
in alberghi. I conventi vuoti, disse, “sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”.
Alla presentazione è stato ricordato che in seguito a questo appello alcune comunità
religiose si sono aperte all’accoglienza. Ad intervenire anche il direttore della
Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Gli abbiamo chiesto di soffermarsi
sulla vicinanza di Papa Francesco e della Chiesa a queste situazioni di sofferenza:
“Tutte le questioni delle migrazioni sono state presenti ai Papi e ai responsabili
religiosi quando ci sono state le grandi migrazioni. Quindi gli stessi documenti –
anche del Magistero – e le misure prese a livello di Chiesa universale per le tematiche
delle migrazioni e anche delle migrazioni forzate e delle loro difficoltà, risalgono,
per esempio, a Pio X, a Benedetto XV, e poi hanno cominciato anche a essere sistematizzate
con documenti del Magistero e con organismi anche di governo della Chiesa universale
da Pio XII, Paolo VI e, in particolare, poi nel lungo Pontificato di Giovanni Paolo
II. La Chiesa si è sempre occupata di queste grandi tematiche. L’impegno, anche di
testimonianza personale, di Papa Francesco tocca molto profondamente, anche perché
è accompagnato da questa sua capacità personale di testimonianza. L’aver scelto Lampedusa
come primo viaggio del suo Pontificato e la visita al Centro Astalli come una delle
sue prime visite in Roma, fanno capire che la priorità per chi soffre ed è emarginato
- e in particolare per chi soffre di più, tanto da dover fuggire dal suo Paese e cercare
altrove una nuova vita - è qualcosa che gli è profondamente nel cuore, nel contesto
della sua attenzione e della sua forza di critica ai problemi del mondo di oggi nell’insieme
con i suoi grandi squilibri e con le cause dei suoi grandi squilibri, che sono appunto
l’idolatria del denaro, la cultura dello scarto, invece della
cultura dell’incontro. Quindi, Papa Francesco ci dà una testimonianza fortissima!”.