"Onirica" e "Giraffada": due film per raccontare l'amore e la pace
Presentati al Bari International Film Festival due film diversamente suggestivi: quello
visionario del polacco Majewski, "Onirica", che sarà nella sale italiane dal 17 aprile,
e la bella metafora del palestinese Massalha, "Giraffada", che il pubblico italiano
potrà vedere dal 22 maggio, in cui attraverso il dolore di una coppia di giraffe si
evidenziano le aspirazioni alla pace di due popoli divisi dalle incomprensioni e dall'odio.
Il servizio di Luca Pellegrini.
Il sogno per
raccontare l'eternità dell'amore, ben oltre la vita terrena, e la fiaba per spiegare
al pubblico di tutte le età l'esigenza della pace come un bene irrinunciabile e condiviso.
A Bari due registi diversissimi presentano i loro film: il polacco Lech Majewiski,
già noto come visionario video artista e regista dell'originalissimo "I colori della
Passione", si cala nella materia dei sogni con il nuovo "Onirica" e, affascinato dalla
"Commedia" dantesca, immagina il percorso tra la vita e la morte del suo protagonista,
Adam, che oppresso dal dolore per la scomparsa delle persone amate si riappropria
della loro presenza proprio nel sonno. Un film profondamente suggestivo e spirituale
che vuole testimoniare quanto i legami d'amore possano oltrepassare la vita terrena
e tendere all'Amore assoluto ed eterno di chi dell'amore è la fonte, quello che "move
il sole e l'altre stelle".
Si muove, invece, dalla constatazione di una realtà
complessa e dolorosa Rani Massalha, giovane regista di origine palestinese, per immaginare
una metafora tratta dal mondo animale e acquisita da fatti realmente accaduti. "Giraffada",
la sua opera prima, è la storia semplice e toccante in cui uomini e animali, accomunati
dalla sofferenza, ambiscono a una vita non più segnata dalla paura. Tratta da un fatto
realmente accaduto, il bombardamento dell'unico zoo palestinese, quello di Qualkilya,
avvenuto nel 2002. Le vicende del film vi s'innestano con grande naturalezza: morto
l'esemplare maschio di giraffa, la tristezza di quello femminile e la disperazione
del piccolo Ziad che accudiva entrambi, costringono il papà Yacine, veterinario, a
una rocambolesca ricerca proprio in territorio nemico. "La giraffa come simbolo di
pace - racconta l'autore - è un'immagine che mi è venuta naturale: è così alta che
vede tutto da una diversa prospettiva, come dovremmo fare noi per risolvere i problemi
legati al conflitto che ci divide. Volevo che la poesia ispirata alla sua figura,
mentre cammina con tanta eleganza e nobiltà attraversando il muro spaventoso che ci
divide, si confrontasse con l'assurda realtà che la circonda". Se una giraffa palestinese
e una israeliana si incontrano e si amano, può succedere anche a due popoli. E questa
non è una bella fiaba, è la speranza di tutti gli uomini di buona volontà.