2014-04-08 15:30:57

Giornata dei Rom e dei Sinti, minoranza ancora svantaggiata in Europa


In Italia sono circa 130-150 mila, intorno ai 12 milioni in tutta l’Europa: sono i rom e sinti, comunemente chiamati nomadi, definizione che oggi per la maggioranza di loro non corrisponde alla realtà. L’8 aprile è la Giornata che l’Onu ha dedicato a questi popoli per favorirne l’integrazione nelle società. E l’Unione Europea insiste molto su questo dovere dei singoli Paesi. Ma come si è arrivati a questa Giornata internazionale dei rom e dei sinti? Adriana Masotti lo ha chiesto a Daniela Pompei, responsabile nazionale del servizio immigrazione e rom della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. - La giornata nasce in ricordo del primo raduno europeo che si svolse a Londra nel 1971. In quell’occasione, si radunarono rom provenienti dai vari Paesi europei che decisero anche la bandiera e scrissero una canzone "Gelem, Gelem", che ancora oggi viene cantata nelle feste del popolo rom.

D. - Che cosa è cambiato in oltre 40 anni nell’approccio con questi popoli in Europa?

R. - I rom sono la minoranza più numerosa a livello europeo. Si calcola siano intorno ai 12 milioni. Ci sono alcuni Paesi che hanno una presenza maggiore, come la Romania, l’Ungheria, la Francia, la Spagna… L’Italia è tra i Paesi che conta un numero abbastanza esiguo. Chiaramente, è molto difficile dire quanti siano effettivamente i rom, a causa anche di uno stigma che pesa sulla loro vita, tanto che molto spesso porta anche gli stessi rom a non dichiararsi tali, in modo particolare in alcuni Paesi dell’Est Europa.

D. - L’Europa, presa coscienza di questa realtà, che cosa fa per spingere i Paesi membri a integrare nel loro contesto i rom e i sinti?

R. - L’ Unione Europea effettivamente dal 2011 sta facendo un lavoro di pressing molto forte sui Paesi dell’Unione Europea. Nello specifico, ha indicato quattro assi fondamentali su cui è necessario lavorare per il tema dell’integrazione: l’alloggio, il lavoro, l’istruzione - la possibilità di far studiare in modo particolare i piccoli - e l’accesso alla salute, tenendo presente che su quest’ultimo tema i rom vivono in media dieci anni in meno degli europei, pur essendo europei. L’altro dato preoccupante sul tema della salute, ad esempio, è quello che riguarda la mortalità infantile che è, a seconda dei Paesi, da due a sei volte superiore rispetto a quella dei bambini europei. Riguardo all’istruzione, per esempio, la Comunità di Sant’Egidio ha messo in campo un programma che è stato giudicato una best practice a livello europeo, favorendo la frequenza scolastica dei bambini e provando a prevenire le forme di accattonaggio. Come si fa? Attraverso l’erogazione di borse di studio per i bambini che frequentano veramente la scuola.

D. - Tornando alle indicazioni dell’Europa, che cosa si fa poi in pratica nei Paesi per i rom e i sinti?

R. - Dipende dai Paesi dell’Unione. L’Unione Europea spinge moltissimo su questa questione. Il 4 aprile la commissaria Redding, che ha presentato un rapporto a Bruxelles, ha parlato di "piccoli miracoli" che stanno nascendo sul tema dell’inclusione dei rom. Probabilmente, questa è una buona notizia. Vuol dire che è possibile intervenire e modificare situazioni che sembrano molto difficili.

D. - In particolare, l’Italia viene spesso ripresa per inadempienza. Ad esempio, nel nostro Paese non c’è stato ancora il superamento dei campi…

R. – Certo, certo. Alcune città italiane stanno iniziando però a recepire il superamento. Ad esempio, Genova sta chiudendo i campi inserendo i rom nelle case popolari. Però, effettivamente, siamo ancora un pochino indietro su questo tema specifico. Io auspico che nel giro di dieci anni il discorso dei campi venga superato. Questo aiuterebbe e faciliterebbe moltissimo il percorso di integrazione delle famiglie rom e poi dei bambini rom, proprio perché è una popolazione molto giovane.







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