Françoise Kankindi, presidente dell’associazione 'Bene Rwanda', autrice con
Daniele Scaglione del libro ‘Rwanda, la cattiva memoria’. (Infinito edizioni) Vent'anni fa
dall'Italia vedevo le immagini di centinaia di corpi massacrati, di fiumi rossi del
sangue della mia gente, ma sentivo raccontare un'altra storia. Qui si parlava di uno
scontro tribale irrazionale, scoppiato fra selvaggi, mentre era in realtà un genocidio
pianificato, gridato al mondo, ma non fermato volontariamente.Un genocidio
per sterminare, come soluzione finale, una minoranza. Gli occidentali sono stati
evacuati e hanno lasciato che il mio popolo fosse massacrato. Donne e bambini morti
sotto colpi di machete, un arma che noi rwandesi non produciamo e fu importata dall'estero,
mentre i mezzi di informazione tacevano o riprendevano all'inizio le versioni negazioniste
delle grandi agenzie. Solo quando il numero dei corpi diventò 'imbarazzante' si cominciò
a parlarne. Oggi in Rwanda si sta davvero compiendo quel processo di riappacificazione
e ricostruzione auspicato da Papa Francesco all'Angelus di domenica 6 aprile. Non
ci sono più carte di identità etniche, assassini e vittime si sono confrontati e chi
ha voluto ha domandato e dato il perdono. E da lì siamo rinati. (Intervista di
Fabio Colagrande)