2014-04-08 15:07:50

Elezioni parlamentari in Indonesia, test cruciale per le presidenziali di luglio


La terza democrazia più popolosa al mondo, l’Indonesia, si reca domani alle urne per eleggere il nuovo Parlamento, test cruciale per le presidenziali del 9 luglio: 186 milioni gli elettori, su una popolazione di 250 milioni di abitanti. Si vota anche per le amministrative. Dodici le formazioni in lizza per i 560 seggi dell’Assemblea: i partiti dovranno conquistare almeno il 20% dei seggi o il 25% dei voti per poter presentare poi un candidato alle presidenziali. Uno schieramento in grado di ottenere tale affermazione, secondo i sondaggi, sembra essere il Partito democratico indonesiano di lotta, all’opposizione, a cui appartiene il popolare governatore di Jakarta, Joko Widodo, che potrebbe quindi succedere all’attuale capo di Stato, Susilo Bambang Yudhoyono. Per le attese di questo voto, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Jakarta padre Francesco Marini, missionario saveriano da anni in Indonesia: RealAudioMP3

R. - Da queste elezioni penso che si attenda una rappresentanza del popolo più ‘pulita’, perché la vita politica in questi ultimi anni è stata animata dai processi contro la corruzione, che hanno toccato sia i membri del Parlamento, sia quelli del governo, sia il campo giudiziario. È un fenomeno molto sentito, quindi la gente si aspetta un Parlamento più rappresentativo, più capace di creare nuove leggi e in grado di collaborare anche con la giustizia. L’attesa più grande naturalmente sarà per le elezioni del presidente.

D. - A proposito delle elezioni presidenziali, in testa in questo voto legislativo sembra essere il Partito democratico indonesiano di lotta, tra i cui esponenti c’è il governatore di Jakarta, Widodo, che poi potrebbe essere candidato alle presidenziali…

R. - Si, il capo del partito è la figlia del presidente Sukarno, Megawati, la quale ha ha deciso di presentare questo governatore che in poco tempo ha dimostrato, qui a Jakarta, che si possono fare notevoli cose lavorando con decisione, con prospettive… Adesso molto dipende dai risultati di queste elezioni parlamentari: se il suo partito - come si prevede - dovesse vincere, la sua candidatura come presidente sarebbe sostenuta in maniera molto più ampia.

D. - Che Paese è oggi l’Indonesia?

R. - Non si può dire che la crescita sia lenta, perché negli ultimi sette anni ha superato il sei per cento annuale; quest’anno effettivamente è un po’ calata, ma non è scesa al di sotto del 5,5 per cento. Secondo me la crescita c’è e si vede, solo che c’è una fetta della popolazione che è tagliata fuori e fa fatica a tirare avanti soprattutto nelle città: stando a contatto con la gente, si vedono le condizioni di povertà e di miseria.

D. - Nel Paese musulmano più popoloso al mondo come sono i rapporti con le altre religioni?

R. - Ufficialmente non ci sono problemi, nel senso che le grandi organizzazioni musulmane, così come anche il governo, non creano problemi, né discriminazioni. Però, in questi ultimi anni, sono venuti fuori vari gruppi fondamentalisti musulmani che hanno creato non solo pressioni, facendo campagne che incitano alla contrapposizione, ma soprattutto, in alcuni casi, sono intervenuti nella vita civile anche con violenza.

D. - Come vive la comunità cristiana in Indonesia?

R. - È una minoranza. Tra cattolici e protestanti siamo circa il dieci per cento: il sette per cento è protestante e circa il tre è cattolico. Ci sono delle zone tradizionalmente cattoliche: per esempio la zona di Flores, di Timor, che ora comprende anche il nuovo Stato del Timor orientale, che prima era una provincia dell’Indonesia.







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